Non abbassare lo sguardo

Cuore
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“Non abbassare lo sguardo” di Anna Magli, pubblicata sul n, 39 di Confidenze, è la storia più apprezzata della settimana. Ve la riproponiamo sul blog

Due settimane in una spa del Trentino. Da sola. Ecco il regalo di mio marito, che spera così di lavarsi la coscienza per l’indifferenza che mi dimostra. Sotto i suoi occhi mi vedo brutta e sciatta. Ma forse dipende dal fatto che cammino a testa bassa. E la soluzione non è la dieta

Storia vera di Laura D. raccolta da Anna Magli

 

Ho chiuso casa: frigorifero sbrinato, tapparelle abbassate, in dispensa neanche una scatola di tonno, un pacchetto di cracker. Si arrangeranno, per una volta, padre e figlio che sono in vacanza su un’isola del Mediterraneo. Io non sono potuta andare: in ufficio non mi hanno dato le ferie. Veramente sarebbe toccato a me, questa volta, prenderle in agosto, ma davanti alla prepotenza dell’ultima arrivata ho come sempre abbassato lo sguardo rassegnata, cedendo l’ambita settimana centrale del mese. Andrò da sola, 15 giorni in una spa del Trentino, gentile omaggio del coniuge che forse spera, in questo modo, di lavarsi la coscienza: coscienza molto sporca per le varie scappatelle e per il fatto di avermi definitivamente cancellata dalla sua intimità. Cancellata è poco. Non solo non abbiamo rapporti non so neanche più da quanto, ma da mesi si permette pure di giudicare la mia forma fisica, il mio abbigliamento, il mio stile di vita, rendendomi sempre più insicura e infelice. Ha cominciato “per scherzo” dice lui, facendomi notare come certi abiti mi stessero stretti, come il mio abbigliamento, necessariamente comodo a causa di qualche chilo di troppo, mi facesse sembrare «una pensionata, non una quarantenne», come avessi l’armadio pieno di quei vestitini che mi aveva regalato quando ero magra e che adesso mettevo sempre solo pantaloni larghi e camicioni.

Ho cercato di mettermi a dieta, di muovermi di più, ma il lavoro, la fame nervosa che mi porta a finire quel che avanza nel piatto degli altri per non sprecare e la sua incapacità di incoraggiarmi con qualche parola dolce invece che umiliarmi con il suo  sarcasmo, non mi hanno certo aiutato. L’altra sera a letto ho visto che mi fissava le cosce. «La tua cellulite lievita giorno dopo giorno. E dire che avevi delle gambe splendide…» ha detto sospirando, poi si è girato dall’altra parte e dopo un minuto russava. Io ho pianto un po’ e mi sono addormentata. E anche il giorno dopo ho pianto di nuovo, quando gli ho trovato in tasca la ricevuta di un alberghetto equivoco. Non ha neanche cercato di negare. «Di che ti lamenti? Sai quanti mariti trattano male le mogli, alcuni addirittura le picchiano? A te cosa manca? Hai una bella casa, fai vacanze in estate e in inverno. Vediamo di non farne una dramma. Un uomo è pur sempre un uomo. Che tragedia per  una sciocchezza, lo fanno tutti i nostri amici. Chiedi, chiedi pure alle tue amiche».

Io non ho chiesto niente a nessuno perché non mi interessa sapere cosa fanno gli altri. Io vorrei solo capire perché sono ancora qui, in questa casa a subire le umiliazioni di un uomo che non solo non mi ama più, ma trova sempre il modo di ferirmi. Anche due giorni fa, prima di partire per la vacanza.

«Allora ci vediamo fra 15 giorni. Io e Giulio in vacanza da uomini, ormai ha 18 anni e deve stare anche un po’ con suo padre se no me lo fai diventare una pappamolla come te. E tu… Guarda che bel regalo ti ho fatto, poi non lamentarti» gongola mente mi porge una busta. L’apro con circospezione e mi sento morire di vergogna. «Una vacanza di due settimane in una beauty farm: movimento, cibo sano, massaggi. Chissà che non ti rimetti un po’ in forma. Poi ti riposi».

Ho fissato la busta cercando di trattenere le lacrime e ho abbassato lo sguardo senza più il coraggio di rialzarlo per timore di incrociare il suo ghigno sprezzante. Se n’è andato con quel sorriso idiota sulle labbra mente Giulio mi abbracciava un po’ imbarazzato.

 

E ora sono qui, con la mia valigia davanti a questa bella villa immersa nei boschi. Mi registro e subito vengo sottoposta a una rigorosa visita medica. Il dietologo valuta le mie ultime analisi e stila un menu per tutta la settimana. Mi ritrovo nella mia camera con vista sulle montagne e la terrazza che guarda una valle che è un tripudio di fiori. Mi sento bene. Finalmente dopo un sacco di tempo mi sento libera, come se allontanarmi da quella casa e da Vanes mi avesse tolto di dosso un peso insopportabile. Mi sembra anche di respirare meglio e buttare fuori quelle tossine di infelicità che hanno avvelenato la mia vita negli ultimi tempi. Qui, in questa solitudine, mi farò molte domande. Quelle che non ho avuto mai modo di pormi, forse per paura della risposta. Domande come, amo ancora mio marito? Quanto sono disposta a investire in un matrimonio che di fatto non esiste più? Me la sento di barattare la sicurezza economica e una vita agiata con tanti anni di infelicità e frustazioni che ancora mi aspettano? In fin dei conti ho poco più di 40 anni e tutta una vita davanti. Vorrei avere più coraggio, più fiducia in me stessa, ma la paura del fallimento mi attanaglia. Bussano alla porta e d’istinto mi avvolgo nel grande accappatoio che ho trovato sul letto.

«La sua tisana, signora Laura, l’aspettiamo in sala massaggio fra dieci minuti». La ragazza è gentile, non sembra dare importanza alla coscia devastata dalla cellulite che esce dall’accappatoio.

Quando rimango sola mi assale il panico. Un massaggio… Dovrò spogliami davanti a un estraneo e magari mi farà anche la predica, farà commenti su come mi sono lasciata andare. All’improvviso tutto non mi sembra più così idilliaco e con grande fatica mi infilo le ciabattine e attraverso la grande hall tenendo lo sguardo basso e sperando che nessuno mi osservi. La cosa si complica ulteriormente quando realizzo che il massaggiatore è un uomo. Sono quasi sul punto di scappare ma mi limito a fissare il lettino impaurita senza azzardami ad alzare lo sguardo e a togliere l’accappatoio. Lui mi guarda con simpatia e si gira per sistemare il telo sul lettino. Fra l’altro è anche un bell’uomo. Avrà forse qualche anno più di me, alto, robusto e quasi completamente calvo. Quando si gira sorride in modo aperto, sincero e per niente prevenuto. I suoi occhi sono lucide perle nere che sembrano scrutarmi dentro e infatti avverte subito il mio disagio. «Laura, non abbia timore, è il mio lavoro e siamo qui per farla sentire meglio». Lentamente rimango in mutande e reggiseno, decisamente poco attraenti come tutta la mia biancheria, che ordino online perché mi vergogno a entrare in un negozio di intimo, ma lui, dopo un lungo sospiro, mi dice che devo proprio levarmi tutto.

Obbedisco come in apnea e mi sdraio rigida sul lettino, pronta a sottopormi al suo giudizio. Lui comincia lentamente a massaggiarmi con un olio profumato di pino e intanto mi spiega come certa cellulite si possa considerare transitoria perché anche se sembra tanta, è talmente recente che si riesce quasi sempre a debellarla con un ciclo di massaggi. «La tua, Laura» dice, passando al tu con tono rispettoso «è proprio di quel tipo lì. Hai tanta acqua dentro e sono sicuro che massaggi, passeggiate e tisane, faranno miracoli». Comincio a respirare e mentre mi massaggia provo un abbandono insolito, uno stordimento dovuto non solo alle essenze ma anche a un senso di tranquillità che non mi appartiene da molto tempo. Alla sera, in camera da sola, nel silenzio della montagna, mi addormento fra le lenzuola profumate di lavanda e mi sento stranamente serena, già un po’ più forte. Mi sembra quasi di sentire una voce che mi parla da dentro, che placa le mie ansie e culla la mia tristezza: la voce della Laura che finalmente si sente al sicuro e riesce a guardarsi dentro.

 

 

 

Dopo qualche giorno ho perso un paio di chili e mi sento molto meglio. Faccio una vita sana, leggo, passeggio e il personale è di una gentilezza squisita. Luca, il massaggiatore, è ormai quasi un amico. Per togliermi la tensione che ancora mi attanaglia a ogni massaggio, comincia a raccontarmi di sé, della sua Bologna – dove le donne sono bellissime e tutte in carne mi dice ridendo – dei suoi viaggi in India per imparare le varie tecniche del mestiere e della sua vita solitaria dopo che la moglie se ne è tornata negli Stati Uniti, dove si erano conosciuti, perché non aveva funzionato. Mi dice che ha perso fiducia nel rapporto di coppia e che ora cerca di capire dove ha sbagliato, come fare a non ripetere gli errori che ha fatto.

“Praticamente come Vanes” penso con amarezza. “Lui che non si è mai messo in discussione una volta in vita sua. Lui che solo gli altri sbagliano e la sua parola è Vangelo…”. Alla sera spesso facciamo passeggiate fino a un rifugio poco lontano. Guardiamo le stelle e osserviamo gli animali notturni che al nostro passaggio si nascondono nel bosco. «Che peccato non poterli accarezzare» gli dico una sera quando un giovane daino, dopo averci osservato si nasconde tra le fronde.

«Hanno paura, ma se si abituano a noi e capiscono che non vogliamo fargli del male, un po’ alla volta prendono confidenza. Un po’ come te Laura» aggiunge a voce bassa. Lo guardo stupita. «Tu sei come loro, inconsapevole della tua bellezza e tremendamente spaventata». Non so cosa dire, ma quando mi prende la mano non la tiro indietro. «Chi ti ha fatto tanto male? Chi ti fa nascondere nel bosco e abbassare gli occhi come quel cerbiatto?». Seduti su un sasso, fra l’odore del muschio e degli aghi di pino gli racconto la mia disperazione e il mio tormento. Piango tutte le lacrime che ho tenuto represse per mesi, singhiozzo e mi abbandono totalmente al mio dolore e alla sua comprensione.

Poi alzo gli occhi e incontro i suoi: preoccupati, attenti, disponibili. Torniamo che è notte fonda tenendoci per mano. Luca mi ascolta mentre mi accarezza con le sue mani, plasmando il mio corpo e la mia anima. Luca non giudica ma vuole sapere tante cose, soprattutto quello che sento dentro. Luca vuole conoscere la mia vita, la musica che amo, cosa leggo, i miei sogni. Luca un giorno chiude a chiave la porta della cabina e, mentre mi rivesto, mi abbraccia e mi bacia. Quelle mani che conoscono il mio corpo molto più di quelle di mio marito mi portano verso un’estasi che non ricordavo o che non avevo mai conosciuto. Poi si stacca da me e mi guarda. Io ripiego subito le ginocchia verso il petto e mi osservo le gambe, lucide di olio. Poi distolgo lo sguardo: no, quel corpo non mi piace, come è possibile che possa piacere a un uomo? Lui mi allarga le gambe e mi costringe a guardare le sue mani mentre mi accarezzano.

«Guardati, guarda le tue gambe, so che cosa stai pensando. Sei bellissima, sei morbida e armoniosa come una statua greca, modellata con amore. La tua pelle è liscia, l’ho sentito fin dalla prima volta che l’ho toccata, sei liscia come la seta e ogni volta che ti tocco provo un brivido di desiderio irresistibile. Voglio annegare nel tuo corpo, perdermi tra la tua carne, amarti come meriti di essere amata. Posso farlo Laura?».

E per ogni sera che ci rimane, in quella cabina, ma anche nei prati che attraversiamo di notte, ci perdiamo in uno sconvolgimento di sensi che ci lascia esausti. Scopro così di essere una donna passionale, esigente e fantasiosa. E come se dovessi recuperare il tempo perso, mi lascio andare alle fantasie erotiche più coinvolgenti, guidata da un uomo che pensa prima al mio piacere che al suo. Le due settimane volano in un attimo e arriva il giorno della partenza.

 

 

 

Vanes mi verrà a prendere nel tardo pomeriggio e approfitto della mattinata cristallina per un’ultima passeggiata. Luca mi sorride ma sento che si aspetta che io dica qualcosa. Io mi aspetto lo stesso da lui.

Ci fermiamo davanti a un torrente e sediamo in silenzio per parecchi minuti poi, all’unisono, iniziamo parlare. Ci scappa da ridere.

«Parla tu, ti prego» mi chiede lui. Io taccio, non so cosa dire. «Allora stiamo in silenzio, non dobbiamo dirci nulla. Io almeno ti vorrei dire solo grazie» mi dice. Lo guardo stupita. «Grazie» continua «per avermi dato la possibilità di ritornare a credere nell’amore di una donna e che un giorno potrei anch’io avere la fortuna di trovarne una come te. Una compagna dolce e appassionata». Vorrei dirgli le stesse cose, ma resto zitta. «Tornerai da me?» mi chiede sbirciandomi da sotto in su perché io mi sto fissando un scarpa.

«Sì, tornerò».

So che vorrebbe chiedermi altro, sapere molte cose ma io non mi sento ancora pronta. «Laura, promettimi solo una cosa» aggiunge alzandomi il mento per guardarmi negli occhi: «Non abbassare più lo sguardo. Non hai niente di cui vergognarti, sei bellissima. Dentro e fuori».

Ci baciamo a lungo poi mi alzo con agilità e noto per la prima volta che non devo appoggiarmi da nessuna parte per farlo. Mi sento spigliata, scattante e con una grande energia dentro. Ho perso peso, e si vede, ma soprattutto ho ritrovato una grande forza e tutto il mio orgoglio. Vanes arriva sbottando fino all’entrata per prendere la valigia. È abbronzato, atletico ma la sua faccia mi provoca immediatamente un senso di fastidio.

«Be’, che hai da guardare?» mi dice a mo’ di saluto.

«Nulla, ti osservavo» rispondo senza abbassare lo sguardo. Non mi ero mai accorta che il sentirsi osservato gli procurasse tanto disagio. Buono a sapersi. Lui mi guarda stupito per la risposta e poi mi squadra con lo sguardo che è più indicato per un vitello in una mostra zootecnica che per la  propria moglie. Soppesando ogni centimetro del mio corpo. «Però…» afferma con soddisfazione: «Vedo che ho speso bene i miei soldi. Sei in forma!». La receptionist lo guarda con disprezzo mentre Luca, appoggiato al bancone, sembra non riuscire a credere alle sue orecchie.

«Merito della dieta immagino» aggiunge con tono sarcastico.

«Merito della dieta e anche merito suo» rispondo indicando Luca che continua a osservarci da lontano.

«In che senso?» chiede Vanes ottusamente.

«Nel senso che con i suoi massaggi mi ha fatto dimagrire e soprattutto mi ha fatto amare il mio corpo. Amandolo lui stesso per primo» affermo tranquillamente. Vanes si gratta la testa, sembra non capire. Lancio a Luca un ultimo sguardo carico di promesse. «In che senso, scusa?» ripete mio marito perplesso, e si risponde: «In senso metaforico, ovvio».

«Ovvio» confermo tranquilla, sedendomi con eleganza accanto a lui in macchina. «Ovvio» ripeto fissandolo negli occhi con sguardo di sfida.

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