Non ho niente di cui vergognarmi

Cuore
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Vi riproponiamo nel blog una delle storie più apprezzate del n.11

 

Sono stata vittima di un gesto odioso: la diffusione di immagini intime nel web. Ero più giovane, ingenua e soprattutto non davo valore a me stessa. Così ho acconsentito a una richiesta del mio ragazzo. E ho rischiato di averne la vita rovinata

STORIA VERA DI ALESSANDRA T. RACCOLTA DA GIOVANNA SICA

 

Mi chiamo Alessandra, oggi sono una donna sposata con un uomo meraviglioso e ho un figlio di due anni, ma nel 2017 ho creduto di morire: subii un sopruso talmente squallido e meschino che, da allora, non ho mai più trovato il coraggio di parlarne con qualcuno. Fino a oggi, quando ho capito che la mia testimonianza può essere utile ad altre donne. Avevo 23 anni, ero giovane, ingenua e stupida. Ero fidanzata da un anno con un mio coetaneo che giurava di amarmi, che mai mi avrebbe fatto del male. Con la distanza e la lucidità di oggi, devo ammettere che Mirko, chiamiamolo così, mi aveva sempre fatto un po’ paura. Lo temevo, temevo le sue reazioni. Lui era bello e caro fino a che non lo contraddicevi, ma per andarci d’accordo dovevi fare sempre come diceva lui. Mi faceva ridere anche, ma a tratti aveva scatti d’ira sproporzionati. Una volta, ricordo, eravamo in macchina, diede un cazzotto nel vetro sopra il volante, solo perché gli avevo dato delle indicazioni inesatte e avevamo sbagliato strada. Mi spaventai tanto, anche perché lui dopo disse con aria delirante: «Hai visto cosa ho fatto per colpa tua?». Poi però tornava in sé e mi faceva ridere, mi faceva sentire bella, importante. Anche quando mi diceva: «Tu sei mia». A me faceva piacere, pensavo fosse amore il suo, invece era solo desiderio morboso di possedermi, alla stregua degli altri oggetti di sua proprietà. E Mirko davvero mi possedeva, come tutte le sue cose. Anche quando facevamo l’amore, in fondo, io lo sentivo che mi trattava come un oggetto funzionale al suo piacere. Era lui a darmi direttive su quello che dovevo fare e su come lo dovessi fare.

A lui sarebbe piaciuto anche fare con me cose che non avevo mai provato, a letto. Gli confessai che di certe pratiche io mi vergognavo e non mi faceva stare bene il pensiero di provarle, ma lui, con un sorrisino sardonico chiosò: «Dici di amarmi e poi ti tiri indietro? Allora sei una bugiarda, non mi ami, se mi amassi, ameresti ogni parte di me. Quindi è meglio che mi trovi un’altra ragazza». Lo scandì con una convinzione talmente feroce, che io subito mi pentii di quello che gli avevo detto e ritrassi. Gli assicurai che mi piaceva tutto di lui e del suo corpo, solo che provavo imbarazzo: doveva darmi un po’ di tempo, ecco. E lui, come sempre faceva nelle occasioni in cui mi piegava al suo volere, non rispose più nulla, mi lasciò appesa al suo sguardo di disappunto, affinché mi autoflagellassi per aver osato contraddirlo. Mirko era molto bello, troppo per me e poi era brillante, aveva sempre la battuta pronta. Flirtava continuamente con le altre donne, anche più grandi d’età, però voleva stare con me. E guai a chi si azzardava a farmi una gentilezza, un complimento anche da nulla: Mirko andava su tutte le furie, vedeva secondi fini ovunque. Perfino se un ragazzo mi passava le fotocopie per affrontare un esame all’università, lui faceva scenate inverosimili. Io non mi consideravo una grande bellezza, mi sentivo inferiore a lui, pensavo di dover stare sempre a mani giunte a ringraziare per il “miracolo” che lui volesse stare con me, quando avrebbe potuto prendersi una ragazza come lui: bella, sfrontata, spregiudicata. Non sapevo, allora, che una donna dal piglio e dal passo decisi, Mirko l’avrebbe mandato a quel paese dopo due giorni.

Ecco perché lui stava con me: il mio atteggiamento remissivo, le mie insicurezze, le mie spalle curve lo gonfiavano sempre di più. Con me vicino poteva sentirsi grande, anzi onnipotente. I miei genitori, mio fratello, le mie amiche, cercavano di scuotermi, di svegliarmi dall’incantesimo di cui ero prigioniera, ma io non ne volevo sapere. Nella mia mente contorta erano tutti invidiosi di me, erano invidiosi del fatto che un ragazzo come Mirko volesse stare proorio con me.

Un giorno Mirko mi chiese di poter girare un video mentre facevamo l’amore. Io gli dissi subito di no, che non volevo, ma lui mi prese la faccia fra le mani, mise i suoi occhi diabolici dentro i miei e mi sussurrò convinto: «Amore mio, sai che domani parto e starò via per ben tre settimane. Non oso proprio pensare come farò a stare senza di te così a lungo. Ecco perché ti ho chiesto di fare un video di noi due, per non sentirmi irrimediabilmente solo, quando saremo lontani. Ma se non te la senti non fa nulla».

«Ho paura, Mirko. A volte sento di video intimi che diventano pubblici, io ne morirei, lo sai».
«Stellina mia, ma come puoi pensare che ti farei mai una cosa del genere? Se tu pensi questo di me dobbiamo lasciarci, adesso, immediatamente».
«No, non intendevo che tu volontariamente lo renderesti pubblico. Ma potresti inoltrarlo a qualcuno per sbaglio, oppure potresti perdere il telefono e potrebbe trovarlo qualcuno che potrebbe pubblicarlo da qualche parte». «Ti sei dimenticata di aggiungere che potrebbero rapirmi gli alieni e metterlo sui loro social. Lasciamo stare, che mi hai fatto passare la voglia». «No, no, scusami, sono la solita stupida. Facciamolo». «Sei sicura?».

«Certo, mi fa piacere». Mentii, a lui e a me stessa.Ma non fui la sola. Anche Mirko mentì. O forse, chissà, l’idea di punirmi inoltrando il nostro video ad altri, ancora non l’aveva in testa, quella sera. Forse gli venne in mente dopo, quando decise che doveva vendicarsi del mio affronto: una come me che lasciava uno come lui. E più lui, bello, figo e via dicendo, supplicava, minacciava e inveiva, più io mi convincevo che avevo fatto bene a lasciarlo. Sì, lo lasciai un mese dopo la serata in cui registrò il video. Mi aveva contattato una donna che assicurava di aver avuto una storia con il mio ragazzo, quando lui era fuori per lavoro. Tre settimane di lontananza e mi aveva tradita. Evidentemente, non gli era bastato il video di noi due che facevamo l’amore per stare buono. Mirko insisteva che la tizia che mi aveva chiamato, rubando il mio numero dal suo cellulare, era solo un’avventura di una sera che aveva avuto quando era lontano da me, ma che per lui non aveva significato proprio niente. Era lei che aveva perso la testa e quindi si voleva vendicare. «Vendicare, di cosa? Se tu non le hai fatto niente di male, di cosa si dovrebbe vendicare?». «Del fatto che sta soffrendo per me. La gente si vendica quando la fai soffrire». Già lì avrei dovuto capire che l’avrebbe fatto anche lui con me. Infatti Mirko, di lì a poco, si sarebbe vendicato, perché, secondo lui, stava soffrendo per colpa mia.

Qualche giorno dopo, la mia amica Enza venne da me con lo sguardo basso e il cellulare in una mano. «Alessandra, devo dirti una cosa che non ti piacerà, ma non posso tacere, anche perché dobbiamo fare qualcosa prima che la situazione degeneri».

«Enza, così mi fai preoccupare! Che può essere successo di così grave? Hai di nuovo rotto con Maurizio?».
«No, Maurizio non c’entra niente, stavolta. Stamattina mi è arrivato un video di te e Mirko da un numero che non conosco. Un video intimo di voi due».
«È Mirko ad avertelo inviato. Mi sta punendo per averlo lasciato».
«Sì, lo so che è lui ad avermelo inviato. Quello non sta bene con la testa: l’ha girato a me perché io lo dicessi a te, e tu te la facessi sotto al pensiero che lui lo possa girare anche ad altre persone, o peggio ancora metterlo sul Web». «Ho acconsentito che girasse un video mentre facevamo l’amore una volta solamente.

È stato quando doveva andare fuori per lavoro, disse che lo voleva per sentirmi vicina anche da lontano…» e scoppiai a piangere.

«Tu non devi giustificarti con me, tu non devi giustificarti in generale, era una cosa privata, è lui che è un pezzo di m…. a usarlo per farti del male. Tu sei la vittima, Ale».

«Cosa ti ha scritto? Sai se l’ha inoltrato anche ad altri?». «Ha scritto: “Guarda quanto è t…ia la tua amica”. Io gli ho detto di cancellarlo immediatamente e gli ho chiesto se l’aveva inviato ad altri. Ma non mi ha risposto».

«No, voglio morire. È la fine del mondo».
«No, non è la fine del mondo, non sei sola, Ale!».

Enza non fece in tempo a finire la frase che mi scrisse il mio amico Antonio per dirmi che gli era arrivato un video di me e Mirko, e che appena aveva capito di cosa si trattava l’aveva cancellato. Altri due minuti, la stessa cosa con la mia amica Ludovica. Quel porco stava inviando il video a tutti i miei amici per screditarmi con le persone che per me più contavano. E chi sa a chi altri stava passando quelle immagini che mi ritraevano così esposta. Immagini che mi avrebbero rovinato la vita, mentre io, paralizzata dalla vergogna, non riuscivo neanche a ringraziare i miei amici che stavano cancellando quel video dai loro cellulari.

«Dobbiamo dirlo a Michele». «Mio fratello, sei pazza? Michele ha sempre detestato

Mirko, voleva che lo lasciassi. Se viene a sapere quello che mi sta facendo, va da lui e lo ammazza. E poi davvero mi devo ammazzare pure io. No, non posso mettere in mezzo mio fratello, ho paura di quello che potrebbe succedere». «Andrò anch’io con Michele da Mirko. Ale, non possiamo farcela da sole, abbiamo bisogno che ci aiuti un uomo di cui possiamo fidarci. Il tuo ex conosce solo le leggi della violenza, se qualcuno non gli fa capire che deve smetterla, prima o poi inoltrerà quel video a qualcuno che non lo cancellerà, come stanno facendo invece i nostri amici». Fu così che Enza mi convinse a chiedere aiuto a mio fratello. Michele avvampò di rabbia e io di paura.

Poi lui ed Enza andarono a casa di Mirko. Io no. Non avrei mai potuto guardare in faccia il mio aguzzino. Seppi da Enza che mio fratello aveva citofonato a casa del mio ex, e che lui era sceso con aria spavalda: «Vuoi che lo invio pure a te, il video della tua sorellina, per questo sei qui?» lo aveva provocato. A Michele uscirono gli occhi dalle orbite, lo spinse spalle al muro, e, con una faccia che faceva paura, gli giurò sul bene che mi voleva che, se quel video diventava pubblico o arrivava ancora a un’altra persona solamente, lui sarebbe tornato a cercarlo e l’avrebbe fatto pentire di essere nato. Credo che mio fratello sia stato molto convincente, perché da quel momento di quel video non abbiamo più sentito parlare. Non andai mai a denunciare Mirko: avevo il terrore di raccontare quello che era successo a qualcun altro. E poi volevo che i miei genitori non sapessero nulla di quella tristissima vicenda e così è stato: ancora oggi sono all’oscuro di tutto. A volte mi assale la paura che, prima o poi, anche se sono passati anni, quel maledetto video possa rispuntare fuori. Tremo all’idea di ritrovarmelo pubblicato in Rete, alla mercé di tutti. Tremo all’idea che possa arrivare a mio marito, a cui comunque ho raccontato tutto di questa brutta storia, o peggio ancora, a mio figlio, quando sarà più grande. Poi, però, faccio un grande respiro e mi ripeto che io ho fatto con Mirko quello che fanno le ragazze innamorate: l’amore, l’unico sbaglio fu acconsentire a farglielo registrare col suo cellulare.

Ma, anche se ho peccato di ingenuità, rimane il fatto che io sono la vittima in questa brutta storia. Io e tutte le ragazze che hanno subìto lo stesso trattamento siamo vittime. E le vittime di revenge porn non hanno niente di cui vergognarsi, come mi assicurò sei anni fa Enza, la mia amica del cuore, salvandomi la vita, insieme a mio fratello, con le sue parole e la sua determinazione. E questa espressione, revenge porn, con cui siamo soliti indicare questo abominevole reato, è orribile e fuorviante.

Mi ci ha fatto riflettere un articolo che ho letto qualche tempo fa: revenge porn, tradotto in italiano, significa vendetta pornografica. Ma di cosa si sta vendicando chi decide di rovinare la vita a un’altra persona, in maniera tanto spregevole, violando la sua privacy, la sua sfera sentimentale e sessuale, approfittando della sua ingenuità? Di non voler stare più con lui? Di essere stata cosi stupida da farsi riprendere nell’intimità? E poi perché vendetta pornografica? Si tratta forse di filmini porno?

No. Si tratta di momenti di intimità che dovevano restare privati.
Parlare di vendetta pornografica è sbagliato due volte, perché allude a un qualche peccato, colpa o sbaglio della vittima per cui l’aguzzino si vendica. E invece in queste storie non c’è nessun motivo per vendicarsi e non c’è niente di pornografico. La sporcizia, la bruttura, il guasto, sono nella testa malata di chi decide di fare del male a una persona, solitamente una donna, approfittando di una sua debolezza, senza calcolare la devastazione che ne deriva per lei e per i suoi cari.

Infine, quello che mi sento di dire, col cuore in mano, a qualsiasi donna è: mai e poi mai farsi riprendere in situazioni che, se diventassero pubbliche, vi rovinerebbero la vita. Ditelo alle vostre amiche, alle vostre figlie, alle vostre nipoti. Non fidatevi di chi vi dice di amarvi, quando vi fa richieste che vi mettono in imbarazzo. L’ amore non deve mai mettere in imbarazzo. Non acconsentite solo per far contenti i maschi.
Basta con questa convinzione marcia che noi donne dobbiamo far contenti gli uomini. Noi donne dobbiamo far contente noi stesse, prima di ogni cosa. ●

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