Piccoli crimini coniugali di Eric-Emmanuel Schmitt

Cuore
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Amare e sentire che l'altro è parte di noi è la più ardita delle avventure umane

“La caratteristica degli uomini è che rifiutano il loro destino. Gli uomini vagheggiano la libertà, più che utilizzarla. La ripongono con attenzione su una mensola, più che farne uso. E lei si secca, si incartapecorisce e muore molto prima di loro. Perché la libertà esiste solo se uno se ne serve. Sotto sotto gli uomini sono romanzeschi: vivono qualcosa e si raccontano tutt’altro. Alla loro vita ne sovrappongono un’altra segreta, desiderata, immaginata, di cui sono i poeti muti”.

Gilles e Lisa. Marito e moglie. 139 pagine di opera teatrale che si leggono in venti minuti o in quindici anni. Schmitt è un genio, uno scrittore capace di passare da opere mondo di 600 pagine (consiglio anche la lettura de La giostra del piacere) a intuizioni raffinate e preziose come questo piccolo gioiello della introspezione relazionale. Cosa accade alla coppia quando a turbare l’equilibrio non è la fine del sentimento ma la certezza che questo ci possiede e che liberarsene è impossibile? Avere certezza dell’amore è fonte di felicità o di terrore puro?

Gilles e Lisa si muovono tra menzogna e verità, sospesi tra ricordo e speranza, paralizzati dalla voglia di arrendersi al proprio destino che li vuole fusi e divisi insieme. Amare e sentire che l’altro è parte di noi è la più ardita delle avventure umane, l’ossimoro che contraddice se stesso: l’altro che è parte di noi. L’invasore amato e odiato da neutralizzare, la presenza da eliminare per il terrore di perderla: ecco allora le fughe verso altre possibili avventure, il rifugio impossibile e autoimmune.

Non è il matrimonio, che va difeso. È l’amore. È la paura di accettare questa rivoluzione, che va curata, aiutata, sostenuta. L’amore è potentissimo e fragile. Può restarti dentro per sempre ed essere irrecuperabile insieme. Un crimine al quale ci si può abituare, certo. Ma un crimine vero. Rinunciare. O credere che sia possibile mediare, vivere a metà.

“Tu sei il mio destino. Ti sei immerso nei miei abissi più profondi, io nei tuoi, siamo schiavi l’uno dell’altra. Sei il mio uomo nei miei ricordi, nei miei sogni, nelle mie speranze. E’ questo che mi lega a te. Possiamo anche separarci, ma non potremo mai lasciarci. Sai cosa vuol dire amare un uomo con amore? Vuol dire amarlo malgrado te stessa, malgrado lui, contro tutto e tutti. Vuol dire amarlo in un modo che non dipende più da nessuno. Amo i tuoi desideri e amo anche le tue avversioni, amo il male che mi fai, un male che non mi dà dolore, che passa subito, un male che non lascia tracce. Amare vuol dire avere quella resistenza che ti permette di passare attraverso tutti gli stati con la stessa intensità, dalla sofferenza alla gioia. 

Il mio amore per te è un nucleo, una nebulosa nel profondo della mia anima, qualcosa che non posso più raggiungere né cambiare. Una parte di te è in me. Anche se tu te ne andassi, quella parte resterebbe. In me c’è una tua forma. Io sono la tua impronta, tu sei la mia”.

In me c’è una tua forma.

Io sono la tua impronta.

Tu sei la mia.

 

Eric-Emmanuel Schmitt, Piccoli crimini coniugali, e/o

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