Pellestrina, l’isola dei pescatori ferma nel tempo

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Gemma della laguna veneziana tra le meno turistiche, conserva un'atmosfera antica, dove gli uomini pescano con le reti tradizionali e le donne intrecciano merletti. Da vedere con calma, gustandosi un frittino e un aperitivo

Testo di Elena Bianco

Per tanti anni ho vissuto a Venezia, fra le gioie di una città unica al mondo e gli inconvenienti di un turismo troppo impattante. E come molti veneziani, sono stata stregata dal fascino della laguna, in particolare di una delle sue isole, Pellestrina  “arsa e selvaggia”, come Pier Paolo Pasolini la definì negli anni ’60. Pellestrina, infatti, non si piega mai ai ritmi serrati imposti dalla vicina Città Serenissima e, se la si vuole ascoltare, racconta le storie della sua gente, uguali adesso come nella metà del secolo scorso.

La vita slow di una volta
Appena si mette piede a Santa Maria del Mare, attraversando con il ferry boat la bocca di porto degli Alberoni al Lido, si respira un’atmosfera diversa. Le macchine sono poche e quasi stonano nella semplice armonia di calli e campielli dei minuscoli borghi di pescatori. Per spostarsi, dunque, si usa anche oggi la bicicletta. Pedalando lungo la dorsale che attraversa quest’isola sottilissima e lunga 11 km e passando per gli abitati di Pellestrina e San Pietro in Volta sembra di entrare in un film del Neorealismo italiano. Le donne, sedute in strada all’ombra della chiesa settecentesca con il coro intagliato nel legno di una nave veneziana, fanno merletti secondo un’antica arte e coltivano gli orti dietro casa. I pescherecci dondolano sull’acqua legati alle bricole (pali di legno) ogni volta che passa un “barchino”, il motorino acquatico dei ragazzi veneziani. I bambini, d’estate, si tuffano in laguna dalla riva, fanciullesca “trasgressione” al divieto di balneazione. All’ora dello spritz, che a Venezia è nato e nel veneziano trova interpreti virtuosi, la “ciàcola” diventa un rito sociale al quale nessuno può sottrarsi. Tutti si ritrovano al Bar Laguna di San Pietro in Volta, dove negli anni ’50 la Santina era l’unica gelataia dell’isola, o alla Trattoria da Niki affacciata sul campo principale di Pellestrina, per un bicchiere di bianco e un ”frittino” di schie (i gamberetti di laguna) o delle canòce (canolicchi) e latti (uova) di seppia bolliti. Sono d’obbligo due passi fra i sestieri cinquecenteschi che portano i nomi – Vianello, Scarpa, Zennaro, Busetto – delle famiglie chioggiotte “importate” nel XIV secolo a ripopolare l’isola dopo una guerra locale sanguinosa. E così si scoprono alcune curiosità: Raimondo Vianello ed Edoardo Vianello (cantante da 60 milioni di dischi famosissimo per I Watussi) sono entrambi originari di qui. L’isola è ricca anche di piccole storie, come l’apparizione a un bimbo della Madonna sotto forma di vecchina che, parlando in veneziano, avrebbe salvato Venezia dai Turchi, ma anche di grandi drammi, come l’alluvione del 1966, ancora ricordato come la “grande paura”. E soprattutto di tradizioni antiche, come le imbarcazioni da pesca che usano ancora le reti da posta. Memorie che vivono ancora oggi nella quotidianità, e che vengono preservate nel Piccolo Museo della Laguna Sud di San Pietro in Volta.

Al mare senza folla
Pellestrina ha un “turismo balneare” tutto suo, poco affollato, fatto di qualche veneziano e rarissimi locali, ai murazzi. Colossale opera d’ingegneria settecentesca a difesa dall’Adriatico, i murazzi sono chilometri di barriera fra mare, terra e laguna, fatti di quella stessa pietra d’Istria che ha lastricato tutta Venezia. Le acque del mare che lambiscono i “pennelli”, le scogliere bianche, sono cristalline. Dagli anni ’90, poi, è stata realizzata una lunga lingua sabbiosa: si fa il bagno in acque basse e turchesi e poi, all’ombra delle tamerici, si mangiano un panino, una focaccia o i “golosessi”, dolcetti tipici acquistati nella panetteria dell’isola, la stessa dal 1800. La natura si fa solitaria e sorprendente su un lembo di terra unito da una diga all’estremo sud dell’isola: Ca’ Roman, riserva naturale Lipu di 50 ettari, dove nidificano rari uccelli. La vegetazione è quella di un’isola mediterranea trasferitasi al nord: un’ampia spiaggia, le grandi dune sabbiose coperte di fiori in giugno, la fitta macchia. Si raggiunge a piedi o in bici da Pellestrina o con il vaporetto o con il bragozzo Ulisse, insolito traghetto, dalla vicina Chioggia. Vi consiglio un giro con le guide naturalistiche Lipu: scoprirete il mondo degli uccelli, la nidificazione, le migrazioni, i richiami, ma anche un sistema di fortificazioni particolare, usato dagli austriaci a difesa di Venezia.

con bombole e maschera
Se siete esperte di diving poi, il mare di fronte a Pellestrina vi rivelerà in un tesoro sommerso, le “tegnùe” (in veneto “trattenute” perché trattenevano le reti da pesca). Sono formazioni rocciose a 20 metri di profondità, vera nicchia ecologica ricca di pesci, crostacei, attinie, coralli da scoprire con maschera e bombole. Tanta quieta bellezza vi riempirà gli occhi in ogni istante in questo piccolo mondo fra terre e acque, ma vi abbaglierà letteralmente nelle giornate di “stravedamento”. Il nome indica un fenomeno tipico in laguna nei giorni tersi, quando all’orizzonte si stagliano netti, come se si potesse toccarli, i colli Euganei, le Prealpi, le Dolomiti innevate. Le loro silhouettes sono visibili fino al tramonto, quando la luce esplode, incendiando cielo e laguna. 

Testo pubblicato su Confidenze 35/2020

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