I libri del segreto: da Dubai sbarca a Roma una James Joyce tutta al femminile

Leggi con noi
A cura di
Mediasei
Ascolta la storia

Il nuovo libro di poesia di Melanie Francesca ha già riscosso notevoli critiche positive da parte del gotha della cultura. Da Vittorio Sgarbi a Stefano Zecchi, fino a Maria Rita Parsi che definisce l'autrice “una James Joyce al femminile"

MELANIE FRANCESCA torna ogni anno con una novità. Quest’anno si tratta di un libro di poesia che ha già riscosso notevoli critiche positive da parte del gotha della cultura. In un fitto dialogo la grande psicologa Maria Rita Parsi ha definito l’artista capace di captare il senso che sta oltre e dentro alle cose, a svegliare l’essere umano alla dimensione spirituale alla scoperta della verità. “Una James Joyce al femminile da sorseggiare per aprire le porte all’altezza di là del nostro inconscio”.

Anche per il Prof. Re e Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi “la lingua di Melanie si pone sulla linea di quella dei testi sacri, dei profeti, della Divina Commedia, della grande poesia simbolista che di fatto inaugura la lirica moderna. Se non tutto viene capito, può comunque bastare che venga percepito, l’importante è che il solenne e il criptico lascino a chi ascolta un segno dentro, chiaro e profondo”.

E per il prof. Stefano Zecchi “È un libro molto bello dal punto di vista della fascinazione letteraria e si capisce che Melanie che riesce a gestire molto bene la parola e la struttura linguistica. Libri così si trovano solo andando indietro nel tempo dei grandi filosofi presocratici, dove la comunicazione filosofica avveniva attraverso gli aforismi”.

“Lei usa molte assonanze e allitterazioni, che senso hanno all’interno del verso?”

L’ha detto bene Zecchi riferendosi al mio utilizzo dell’aforisma, “che attualizza attraverso anche dei calembour linguistici.” Quindi rendono l’aforisma tale perché enigmatico. Il messaggio deve essere criptico, misterico. In realtà i primi 250 versi hanno una spiegazione dettagliata in cui viene giustificata ogni parola, ma dopo uno vola libero, ha le chiavi per aprire il rebus.

Mi sono permessa un libro diverso, per i miei lettori usuali un libro nuovo. L’ho fatto perché sono innamorata della musica rock, del delirio dei Pink Floyd, dei decolli cosmici di David Bowie. In questo senso questo è un poema – e sembrerebbe una parola vanitosa e tracotante se nomi autorevoli come Vittorio Sgarbi, Stefano Zecchi e la psicologa Maria Rita Parsi non lo avessero giustificato. Perché una giustificazione ci voleva, pena l’esser considerata pazza. Così, è stato tutto più facile. Qualcuno ha capito il background culturale da cui questo libro è nato, ne ha definito i confini, ha legittimato questo modo di scrivere. Sgarbi paragonandolo al follemente invasato Dante fautore di poesia religiosa e ispirata, come Baudelaire e Verlaine, che diventano antenne dello spirito. La Parsi che mi definisce la nuova James Joyce. Onorata. Con pagelle simili si schivano le accuse di essere papali, autoritari, categorici. È il rischio in cui corro con un libro come questo: di parlare come una profetessa senza averne alcuna autorizzazione, dopotutto non siamo ai tempi delle sibille romane, dopotutto l’epoca dei grandi volumi fatti di aforismi è antica di duemila anni. Invece ho desiderato solo fare della poesia, o meglio della musica. Percepivo il suono di una sensazione nello stomaco e veniva fuori un versetto, costituendo mondi. In questi libri chiamati del segreto, perché svelano principi teosofici e filosofici secolari fino a ieri erano nascosti, c’è la bellezza dell’arte, della musica verbale, non la volontà di istruire perentoriamente un pubblico di adepti. La felicità dello scrivere mi libera da ogni definizione, e così deve essere il piacere di leggere liberi dall’interpretazione univoca. Sono aforismi, aprono porte e piste di pensiero, personalmente ne suggerisco alcune, ma non sono necessariamente da seguire. Magari, intuitivamente, voi ne aprite altre. L’importante è che io non mi erga a verità, perché chi scrive vede un pezzetto di verità, restituisce il suo punto di vista.

555 versi non sono casuali. L’importanza dei numeri?

Il 5 è il numero della realizzazione, della completezza. Della manifestazione. Nel libro si fa riferimento al numero che da ordine alle cose, come struttura e scheletro dell’universo e del processo del pensiero in parallelo.

Nel libro ci sono anche una quarantina di disegni. Come mai ha scelto matita e china e non il colore?

Perché sono più integrabili con il testo. Quanto il disegno descrive la realtà come è, talvolta in maniera distopica con uomini mezza macchina, o fantastica con riferimenti mitologici, sempre di tratto si tratta e quindi racconto, discorso. Mentre la parola, paradossalmente, è più astratta del mio disegno, quasi che con il disegno le cose, per quanto surrealiste, non perdessero mai la loro forma. In un certo senso il mio disegno ancora alla comprensione univoca: così è. La parola allude e nasconde.

Adamo ed Eva. Come li vede?

Si tratta del mondo della dualità in cui viviamo, il maschile e femminile ma anche ogni coppia di opposti come caldo freddo, umido e secco, luna e sole, giorno e notte. La dimensione a cui apparteniamo è necessariamente duale e la nostra comprensione passa attraverso l’incontro degli opposti. Così nel primo libro, perché i libri raccolti nel volume sono tre, si narra dell’incontro di queste polarità che generano da una parte l’universo, dall’altra sono pure la mente e lo spirito che nel loro incontro generano l’intuizione. Ci sono i processi creativi della terra, quando il cielo incontra il pianeta terra se ne innamora e la feconda generando il verde e tutto il resto, ma anche l’incontro tra il cielo spirito Adamo e la terra mente-anima Eva. È un discorso simbolico che si legge a differenti livelli.

Quindi la dualità non è l’unico tema del libro.

È il filo conduttore che corre in tutte le pagine, ma nel secondo libro si parlerà dell’Eden e la cacciata dell’uomo, nel terzo dell’apocalisse di ognuno di noi, quando lasciamo questa terra e il nostro corpo per abbracciare mondi diversi, descritti secondo i canoni tradizionali occidentali e danteschi come purgatorio paradiso e inferno.

Quindi Dante Alighieri è una scelta voluta.

Dante è un grande maestro iniziatico, spirituale. Quando scrivo: “in un ambulatorio d’aria arde il purgatorio dove il bagaglio cariato della memoria arde e si scioglie in spiraglio s’una miglior soglia”, lo riecheggio. Recitavo Dante nei boschi, ne ero innamorata. Questa poesia ne è un omaggio. Anche per rivalutare la parola italiana che sta tramontando.

Lei ha detto che è stata allevata a letture bibliche e sci. Si deve in parte anche a queste letture l’idea di questo suo libro?

Mio padre è vero, mi leggeva la Bibbia ogni sera. Nel tempo libero studiava i misteri cosmici, leggeva molto. Mi ha dato la curiosità verso l’abisso. Il senso del sacro, della preghiera. Poi mi portava a sciare spesso, era bravissimo. Per me montagna e sacralità sono sempre andate a braccetto. Come ha detto Sgarbi vivo la poesia come sacra, come profezia. Come rimando a una voce che avvertiamo dentro di noi e che ci porta in alto, a toccare il cielo.

Questa poesia è il tentativo di toccare il cielo e restituirlo nel canto meraviglioso delle parole

Confidenze