Barbecue a Ferragosto, per me una novità

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Che grigliare a Ferragosto fosse una tradizione l'ho scoperto pochi anni fa. Durante un viaggio tra profumini di carne che sfrigolava

Sul numero di Confidenze in edicola adesso, nell’articolo Barbecue e grigliate, istruzioni per l’uso, ho appena letto un dato interessante: all’88 % degli italiani piace un sacco organizzare pranzi e cene con gli amici, cucinati sulla carbonella.

Pur non essendo una barbecue-addicted, ammetto che la percentuale altissima non mi ha stupito. Infatti, da che ho memoria, le testimonianze altrui mi avevano già rivelato che la tentazione di mettere sul fuoco carni, pesci e verdure è davvero troppo goduriosa per resisterle.

L’inconfutabile conferma, però, è arrivata grazie a un’esperienza personale. Dalla quale ho appreso che oltre ad allettare i più, la grigliata è anche considerata una tradizione nel giorno di Ferragosto.

Come vi dicevo, non ne sapevo assolutamente nulla fino a qualche anno fa. Poi, una mattina del 15, ancora ignara di ciò che stava succedendo in tutta Italia ho percorso in moto i chilometri che dividono la Versilia dalla Valle d’Aosta.

Ecco come sono andate le cose: dopo aver fatto una colazione light a base di kiwi e nescafé, sono balzata in sella felice di essere a stomaco quasi vuoto. Quindi, pronta ad affrontare il caldo allucinante tra il mare e i monti con una minima di agio, nonostante l’insopportabile temperatura estiva. Alla quale andavano aggiunte quelle dell’asfalto, del motore e del casco integrale.

La strategia, teoricamente, aveva un senso: secondo i miei calcoli, forte del pieno di vitamine e soli liquidi in corpo sarei arrivata a destinazione in condizioni perfette. Cioè, con l’appetito giusto per gustare un piatto di polenta e formaggio alla fine di un periodo di spaghetti con le arselle.

Peccato che non avessi tenuto conto di un particolare importante. Già verso le 10, invece che dalla nebbia (improbabile data la stagione) in autostrada mi sono trovata avvolta da una cappa di nuvolette sprigionate dalla legna che bruciava. E, nel giro di una mezz’oretta, da un’irresistibile profumino di carni e salsicce che sfrigolavano.

Al primo sentore ricordo che ho pensato a un festoso gruppo di griglianti dalle parti di Sarzana. Gli odorini da leccarsi i baffi, però, sono continuati ininterrotti lungo tutto il tragitto. Lasciandomi intendere che dalla Toscana alle Alpi il territorio era animato da un numero spropositato di barbecue in funzione.

Ai miei occhi (anzi, per il mio naso) una vera sorpresa. Tant’è che all’arrivo ho raccontato del viaggio tra le esalazioni di fiorentine e wurstel con l’espressione di Alice nel paese delle meraviglie. E l’intenzione di allibire gli ascoltatori.

I quali, invece, hanno gentilmente finto di ignorare la mia ignoranza, mettendomi comunque al corrente della tradizione. Ma in fretta e furia. Perché, ripeto, tutto ciò succedeva un 15 agosto. Per essere precisi, intorno alle ore 13.

Questo significa che i miei interlocutori erano già sul piede di guerra, chi con il sacchetto delle carni e chi con quello delle salse in mano. Ognuno ansioso di raggiungere amici e parenti che, nel frattempo, preparavano la carbonella.

Morale, quell’anno ho partecipato alla mia prima grigliata di Ferragosto con la consapevolezza di onorare una tradizione. Festeggiata con imbarazzante voracità, senza guardare in faccia a niente e a nessuno. Il kiwi e il nescafé della mattina, infatti, rimanevano ormai un lontano ricordo e il mio stomaco brontolava.

In realtà, i quasi 500 chilometri percorsi inalando profumini pazzeschi mi avevano talmente stuzzicato il palato che parlare di brontolio è un eufemismo: ero in preda a una fame da lupi. Tant’è che pur di aggiudicarmi subito una braciola o una costina cotte a puntino, avrei potuto strapparle dalle bocche altrui. Proprio come fanno i lupi.

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