Invecchiare al tempo della rete di Massimo Mantellini

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Un saggio sull'universo virtuale che ha così tanto influenzato e cambiato le nostre vite

Trama – Sono passati venticinque anni da quando la vita di ognuno di noi si è, per la prima volta nella storia dell’umanità, trovata davanti ad un bivio senza dover scegliere tra una strada o l’altra. Una vita al di qua dello schermo, al di là della connessione prima lenta e ‘casalinga’ e poi pervasiva e velocissima, e l’altra solo apparentemente in linea con i canoni della normalità. Ci siamo connessi, ci siamo ritrovati in un girone dalla spirale immensa e quasi truccata: l’effetto ottico la restituiva piatta, orizzontale, senza quei picchi che da sempre ci inseriscono all’interno di generazioni e gruppi e fasi biologiche segnate e dettate dall’età anagrafica. Vecchiaia è un termine che i connessi hanno potuto mutuare con qualcosa di diverso, una parola liquida – vecchiogiovane –  un concetto nel quale si sono riversate speranze se non di immortalità quasi di cambio di rotta, un giro di boa che in qualche modo può riportarci indietro verso la nostra giovinezza. Due solo le strade: e per la prima volta abbiamo potuto scegliere di non scegliere. Forse.

Un assaggio – “Fingere di avere molti amici, fingere di sapere, fingere di essere chi sappiamo di non essere più, sono tutte scelte dettate dagli ambienti digitali che si trasformano in veri e propri nuovi talenti. Sono la sottolineatura, il più possibile taciuta, di una solitudine che si estende in molte nuove direzioni. La parabola del vecchiogiovane sarà quella di una iniziale, talvolta imperiosa, rinascita sostenuta dagli ambienti digitali, seguita poi, molto spesso, da un sentimento di confusione e cedimento: un percorso di «rivolta e rassegnazione», per citare il titolo del saggio di Jean Améry sull’invecchiare (Jean Améry, Rivolta e rassegnazione, Bollati Boringhieri, Torino 1988). La rinascita sarà un sentimento euforico e palpabile che ci farà bene. Avremo a disposizione ciò che serve: lo schermo a proteggerci dagli sguardi indiscreti, nuove aspirazioni, soprattutto il tempo necessario, perché il lavoro e la carriera, allontanandosi, hanno lasciato grandi spazi vuoti. A quel punto saremo pronti per prolungare la giovinezza dentro una nuova vecchiaia, in parte negata e in parte riconosciuta”.

Leggerlo perché – C’è un nuovo nemico, in questo mondo. Più subdolo di un virus. Si chiama specchio, si chiama superficie riflettente. Ha un compagno di battaglia formidabile, anzi due: noi stessi quando ci poniamo davanti a quello specchio e chi ha modo di incontrarci e osservarci nella modalità (un filtro feroce, quasi una caricatura) ‘carne e ossa’. Mantellini ha scritto un saggio splendido, dotto, di godibilissima lettura, di sfrontata attualità: siamo saltati nell’oceano digitale, senza bisogno di grande coraggio, forti della consistenza protettiva della rete. Ci siamo tuffati, ci siamo prodotti in forme e stili e figure che neanche Tania Cagnotto; ci siamo dimenticati delle leggi fisiche e ci siamo riversati nella narrativa delle emozioni, dei desideri, delle nostalgie. Possiamo di nuovo rivivere tutto, possiamo innamorarci, possiamo esprimere il nostro pensiero, possiamo ‘alzare la voce’ e azzuffarci, possiamo ricevere applausi in termini di Mi piace, possiamo uccidere chi non ci apprezza semplicemente con un click su ‘elimina dagli amici’. Siamo assassini con licenza di uccidere. Noi stessi – il senso dell’evoluzione, del cambiamento utile e sano nei rapporti e nelle espressioni, nelle posizioni che possiamo ricoprire a livello personale e professionale – per primi.

Massimo Mantellini, Invecchiare al tempo della rete, Einaudi, Torino 2023

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