Donne & moto(ri)? Albie & Zundapp!

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Mettetemi su una moto e mi fate felice. Non a caso ci vado da quando... ho l'età

Non ricordo se ho mai avuto in triciclo, ma a un certo punto mi è arrivata una bicicletta, la responsabile di una passione travolgente che dura tutt’ora: quella per le due ruote.

Ve ne parlo perché alla Reggia di Venaria (To) sta per essere inaugurata la mostra Easy Rider: Il mito della motocicletta come arte, di cui parliamo su Confidenze in edicola adesso.

Ecco, finalmente, l’occasione per dedicare un post ai modelli che mi hanno accompagnata nel tempo. Il primo è stato una Vespa 50 Special che il mio adorato papà mi ha regalato un Natale, quando non avevo ancora gli indispensabili 14 anni per poterla guidare. Ma li avrei compiuti l’8 gennaio e lui mi ha fatto una (mirabolante) sorpresa in anticipo.

La sensazione che non dimenticherò mai? Non toccare i pedali e sentire lo stesso lo scooter prendere velocità (dopo i trascorsi in bici, muovermi senza il minimo sforzo mi sembrava un miracolo).

Ho subito dotato la Vespa di un fighissimo sellino lungo (accessorio indispensabile per fingersi più grandi, un must a quell’età) e ho iniziato a macinare chilometri. Per esempio, con un viaggio Milano-Courmayeur, risoltosi in otto ore in sella senza casco, sotto una pioggia torrenziale. Non arrivavo mai ed è stato un incubo, eppure la faticosa impresa non ha scalfito il mio animo da centaura.

Alla vigilia degli agognati 16 anni, poi, sempre il babbut e sempre a Natale mi ha fatto trovare sotto l’albero uno scintillante Zundapp 125, ovvero il sogno di ogni paninaro doc. E quindi  anche il mio, allora paninara super doc (evoluta, ormai, in una milanese imbruttita).

Beh, quella moto è stata davvero una parte di me e mi ha addirittura appioppato una qualifica: per tutti ero “quella dello Zundapp”. Infatti, appena montavo in sella brillavo di una certa notorietà. Ma non avevo un’identità. Ero Alberta solo per gli amici, mentre per gli altri rimanevo, appunto, “quella dello Zundapp”. E pazienza se mi bastava scendere per tornare a essere la  “signora nessuno”. L’appellativo era talmente incisivo che ancora, nonostante sia passata un’eternità, qualcuno a volte lo rispolvera.

Detto questo, la mia storia motociclistica è continuata con un paio di  enduro che non hanno lasciato il segno e con una pesantissima Bmw che mi dava sì un certo lustro e rinverdiva i fasti dell’adolescenza. Ma che facevo fatica a muovere poiché non toccavo neanche.

Ed è questo il motivo per cui ho inaugurato l’epoca delle Guzzi: erano le moto più basse sul mercato e sono loro grata perché mi hanno riportata con i piedi ben piazzati a terra.

Oggi, con la mia ultima Roamer 850 nuova di pacca vado ovunque, in qualsiasi condizione: all’Esselunga, al lavoro, al mare nei weekend. Con il sole, quando piove, se si boccheggia dal caldo e se si muore di freddo. Di buonumore e di pessimo (tanto in sella migliora).

Le prossime tappe? Stasera la Sardegna, con imbarco a Livorno (avrei scelto anche Civitavecchia pur di guidare qualche chilometro in più, ma forse sarei arrivata a traghetto già salpato). E al ritorno, boh: magari la Reggia di Venaria, per la mostra Easy Rider.

PS. La foto che vedete è storica ed è stata scattata il giorno in cui ho ritirato lo Zundapp, accompagnata dagli amici di una vita!

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