Greta è partita, meno male!

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Mentre a Bruxelles varano la direttiva contro la plastica da noi si fa il verso a Greta, la giovane attivista svedese che lotta per salvare il pianeta

Greta è ripartita. Meno male! Così hanno smesso di lapidarla sui giornali, di insultarla con una ferocia gratuita quanto folle.

Quando è arrivata in Italia, prima si è levata qualche voce critica, poi il boato, il dileggio, e tutto il repertorio del cattivismo: l’hanno sfottuta perché aveva le treccine (ma che gliene importa di come si pettina? Sono giornalisti o parrucchieri?), addirittura le hanno rinfacciato la sindrome di Asperger (che forse non lo sanno, ma rende più intelligenti). Le hanno fatto le bucce sull’abbigliamento, sulla pronuncia, sulla bellezza di sua madre. Un crocchio di comari ringhiose, stupidamente maligne, si è fatto pubblicità schiamazzando contro questa ragazzina coraggiosa. Un giornalista aggressivo di professione, dal muso fosco, gli occhi piccoli piccoli e malvagi, che fa paura a guardarlo, ha scritto (non detto al bar fra quattro ceffi come lui, no, scritto, su un giornale nazionale) che le avrebbe dato un cazzotto sul muso. E non lo turberà questo commento, vista la violenza che esercita con le parole. Una giornalista famosa ha addirittura vagheggiato di prenderla sotto con la macchina  (scritto, anche questo. Su un giornale. Senza vergogna).

Perché tanto odio? Greta è venuta a ricordarci ciò che sappiamo bene, ma tiriamo a campare – che il mondo sta finendo, che il Polo si scioglie, che le foreste muoiono, e gli animali, e i pesci nel mare e nei fiumi, e il volo degli uccelli, che moriremo di plastica, che la terra sta diventando un deserto, il globo si riscalda e finiremo arrosto, che i terremoti squassano la terra e i ghiacciai si sciolgono, che maggio sembra gennaio e Natale agosto, che moriremo di fame e di sete se non cambiamo qualcosa.

Greta ha 16 anni, e a nome di tutti i ragazzi ha detto “vogliamo vivere”. Non mi sembra irragionevole. Ma al suo grido d’allarme ha risposto un pettegolezzo idiota e degradante. Assurdo: è come se io ti vengo ad avvertire: ehi, la casa brucia! e tu invece di correre a spegnere le fiamme, dici “ma guarda sta rompicoglioni…” E perdi tempo a insultarmi per come sono pettinata e perché ti sono antipatica, facendo finta di non vedere il fuoco. L’odio sguaiato per Greta vuol dire solo una cosa: siamo ormai così abbruttiti che non c’importa più di niente, nemmeno se sta finendo il mondo e noi con esso.

Vuol dire che faremo una fine orrenda e ci sta bene, siamo tutti d’accordo. Vuol dire che preferiamo morire piuttosto che rinunciare allo spreco, all’edonismo disperato, ai piaceri immondi- bere dalla lattina, mangiare sottovuoto, passare l’esistenza al cellulare. Una vita da schifo, ma ci siamo attaccati più che alla vita stessa.

È il beato tempo del vaffanculo. Alla vita, alla ragione, all’ultimo barlume di bellezza. È la morte dello spirito, la mancanza di ideali che fa di noi delle bestie irrazionali? Preferiamo la morte collettiva pur di continuare una dissipazione senza gioia. Ci sta bene. Mi dispiace per me (più che altro per figli e nipoti, io sono parecchio in là e magari scampo alla catastrofe) e per quella minoranza che preferirebbe vivere, come Greta e i suoi amici, e sarà travolta dal suicidio collettivo. Facciamoci una Coca in vetro plastica, che non lo distrugge manco la bomba atomica. Ma checce frega? (come nella canzonaccia Romana Ma che cce frega ma che cce ‘morta…) Cin-cin. Alla faccia di Greta, alla faccia della Terra. Alla salute della morte, che si pigli tutto, e non se ne parli più.

 

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