I miei film preferiti sono i musical

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Se volete portarmi al cinema, proponetemi un musical. In assoluto il mio genere di film preferito, anche se li ho sempre visti (la prima volta) per caso

Citati in ordine cronologico perché li metto sullo stesso piano, i miei film preferiti sono tutti musical: Jesus Christ Superstar (1973), Grease (’78), Hair (’79) e The greatest showman (2017). Visti e rivisti infinite volte al cinema, in tivù (se li trasmettessero ogni sera non uscirei più di casa) e, in alcuni casi, anche a teatro. Dove, dopo due anni di chiusure e limitazioni da Covid, stanno tornando gli spettacoli dal vivo.

Insomma, Finalmente musical!, come recita il titolo di un articolo su Confidenze in edicola adesso. Con mia totale approvazione, perché vado pazza per le storie accompagnate dalle canzoni al posto dei dialoghi, nonostante sia sempre andata a vederle per puro caso.

La prima volta, per esempio, avevo nove anni, ero ignara dell’esistenza di questo genere (ancora troppo dedita ai cartoni animati) e mia mamma, per niente religiosa, mi ha portata al cinema dove davano Jesus Christ Superstar. All’inizio ho pensato che fosse in preda a una crisi mistica. Invece, durante la proiezione ho capito che voleva semplicemente catapultarmi nella geniale, creativa e irripetibile cultura di quel periodo.

Qualche anno dopo è stato il turno di Grease. Frequentavo la prima liceo. Mi affacciavo all’età beata in cui si inizia a decidere come trascorrere il doposcuola senza consultare con i genitori. Il film era appena uscito. E, allettata più dall’ansia di indipendenza che dalla trama banalissima (i soliti amorazzi tra studenti), mi sono presentata al botteghino senza sapere che si trattasse di un musical. Ma quando l’ho scoperto, sulle note di Summer nights ho eletto Sandy il mio mito assoluto. Mentre a ritmo di You’re the one that I want (youu hu hu) mi sono innamorata cotta di Danny.

Tant’è che per continuare a vederlo, nel giro di un mese mi sono sparata Grease 14 volte, raggiungendo in una botta sola la media di una proiezione ogni due giorni e il prosciugamento fino all’ultimo spicciolo delle mie paghette settimanali.

Ed eccoci a Hair. Con la smania tipica delle quindicenni di atteggiarsi a intellettuali per dimostrare sei mesi di più, ci tenevo a dire la mia sulla guerra del Vietnam. Della quale, però, non sapevo assolutamente nulla. Allora, ho escogitato una brillante strategia: farmi una cultura in soli 121 minuti (è la durata esatta del film) con quello che pensavo fosse un documentario di una noia mortale.

Invece, era un altro musical pieno di canzoni (Aquarius, I got life, Hair) capaci di trasformare il dramma di quei poveri ragazzi mandati al macello in un inno alla vita (Let the sunshine in).

Sempre pensando di imparare qualcosa, nel 2017 ho comprato il (primo) biglietto per The greatest showman (visto solo al cinema 8 volte). Infatti, appassionata di biografie, mi sembrava ingiusto snobbare quella del signor Bethel Barnum, alias il re del circo. Così, di nuovo per caso, mi sono ritrovata in un tripudio di brani (tra i quali A million dreams e This is me) intrisi di magia, romanticismo, energia, speranza, allegria e commozione che hanno toccato il profondo del mio cuore.

Sì, perché a me i musical suscitano tutti questi sentimenti, trasformando le ore in cui me li guardo in turbini di emozioni a mille. Tant’è che passo in un nanosecondo dal riso al pianto come se fossi impazzita. E mi agito sulla poltrona tipo tarantola, per la voglia irrefrenabile di ballare.

Avrete ormai capito che vivo questo genere (sia cinematografico sia teatrale) come una festa. Quindi, non stupitevi se ho voglia di urlare Finalmente musical!. Scusandomi con Meryl Streep per non aver citato Mamma mia!, un’altra sublime opera d’arte.

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