I nuovi papà sono ormai dei mammi

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Spesso lo fanno per necessità. Ma i papà che si trasformano in mammi si dichiarano sempre felicissimi. Eppure, io non ne vorrei mai uno accanto

Raccontino di cui non ho memoria ma che mi è stato riferito più volte. Avevo tre anni, eravamo fuori Milano per il weekend e mia madre ha proposto al papà di portarmi con sé a comprare il giornale.

Così, lui mi ha caricato in macchina e a un certo punto del tragitto mi ha detto garrulo: «Guarda là, c’è una ruspa». Peccato che io, pare senza neanche sollevare lo sguardo, gli abbia risposto laconica: «No, quello è un trattore». Annichilendolo.

Solo in quel preciso momento, infatti, il povero babbut si è accorto che ero in grado di distinguere i due mezzi da lavoro. In più, ha scoperto che, per quanto una nanerottola, avevo già imparato a guardarmi intorno, registrare. Addirittura controbattere.

Rispolvero questo fatto perché la dice lunga sui rapporti tra padri e figli di una volta, quando era del tutto normale che l’uomo non si occupasse minimamente della prole. Al punto da non conoscerla, visto che allora ogni mansione di accudimento era un’esclusiva delle mamme.

Nel tempo, però, le cose sono cambiate. Tant’è che quando ho avuto i bambini io, se era in casa il mio ex marito mi dava una mano a cambiare i pannolini e a dar la pappa agli strufolini. Inoltre, andavamo insieme dal pediatra, alla recita dell’asilo, a fare shopping per loro.

Morale, lui (esattamente come la maggior parte dei papà anni ’90) ha condiviso ogni tappa della crescita dei figli. Si è rallegrato per la prima parola. Emozionato quando sono spuntati i dentini. Ha contribuito alla scelta delle scuole da frequentare.

Rispetto al passato, un traguardo inimmaginabile. Ma la partecipazione si riduce a un nulla se paragonata a quella dei padri di oggi. Alcuni dei quali, addirittura, si sono fatti carico al 100% del ménage famigliare. E per loro è stata perfino coniata una definizione: stay-at-home-dad.

Di questi signori si parla nell’articolo Noi, padri casalinghi (su Confidenze in edicola adesso), che raccoglie le testimonianze di uomini calati nel ruolo di mammo (anche se non vogliono essere chiamati così), incredibilmente gratificati dalle soddisfazioni. Nonostante nella maggior parte dei casi la scelta sia stata dettata da un’emergenza.

Eppure, a sentirli viene da pensare che l’adagio “di necessità virtù” contenga una grande verità. Infatti, i papà full-time intervistati sono pieni di entusiasmi e si raccontano pirotecnici fenomeni nell’organizzazione della routine famigliare.

Allora, leggendo l’articolo mi sono chiesta se mi sarebbe piaciuto avere accanto un marito tanto dedito alla prole da lasciarmi libera di inseguire la mia carriera professionale. E sapete un po’? Pur avendo a volte sognato un po’ più di collaborazione nei periodi frenetici tra lavoro e impegni da mamma, accanto a uno stay-at-home-dad sarei impazzita.

Me ne rendo conto guardando i figli delle mie amiche già nonne. Si tratta di ragazzi splendidi e di genitori, sulla carta, al limite della perfezione: attenti alle esigenze e al benessere dei loro bambini, neanche fossero nurse diplomate nella migliore scuola inglese.

Encomiabili, per carità. Però anche di una noia bestiale e snervante. Un giudizio che non sparo a caso, ma dopo aver visto, quando i miei figli erano ancora piccoli, diventare padre un caro amico.

Di lui potrei dire che è stato il precursore dei daddy moderni: se la bambina faceva “gnec”, lui correva come Pietro Mennea per controllarla. Quando la moglie la prendeva in braccio, praticamente gliela strappava di mano. E se qualcuno chiedeva informazioni sulla piccola, partivano risposte più ammorbanti di quelle sentite tra le mamme dei giardini (da cappio al collo).

Insomma, se nel mio immaginario il padre ideale doveva essere come lui, mi è bastato vederlo in carne e ossa per capire che io l’avrei scaraventato giù dalla finestra.

Perché, sarò all’antica, ma alla fine sono convinta che ognuno debba fare il proprio mestiere e mantenere il proprio ruolo. Collaborando, ma non sconfinando troppo.

Confidenze