Il colibrì di Sandro Veronesi

Mondo
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In queste pagine, costruite con sapienza letteraria, troverete tutti i temi esistenziali e le paure dell'uomo occidentale. Ma anche la gioia per l'Uomo del Futuro: una donna

“Firenze, 7 settembre 2001 – Dimmi, Luisa, hai cambiato idea perché ti hanno offerto il contratto alla Sorbona o perché io sono troppo rigido e assolutista? (…) Perché non diciamo invece che dopo questo anno selvaggio nel quale siamo stati insieme, e abbiamo infranto tutte le regole che ci eravamo imposti, e abbiamo galoppato dritti al cuore della faccenda, e il cuore della faccenda eravamo noi due, Luisa, tu e io insieme, tu e io insieme FELICI, quando è stato tempo di tornare nel recinto, per così dire, ci siamo persi? Ci siamo persi per quelle ragioni pratiche che io e te, in vent’anni, non avevamo mai dovuto affrontare. A non stare insieme siamo riusciti benissimo: quando finalmente abbiamo potuto stare insieme non ci siamo riusciti. Perché non dire così? (…) Io non sono mai stato così felice come lo sono stato con te mentre ero disperato (…). Io ti amo ancora, Luisa, ti ho sempre amata, e mi si spezza letteralmente il cuore all’idea di perderti di nuovo: ma capisco cosa è successo, cosa sta succedendo, lo capisco e non posso contrastarlo. Posso accettare, ecco, la tua decisione: ho di nuovo mia figlia, ora, devo accettare tutto. Però, ti prego, fermiamoci qui. Non dirmi che la ragione per cui mi lasci ha a che fare con me, come hai cercato di fare l’altra sera e io sono scappato: anche se è così ti prego, Luisa, non essere così sincera, fermati prima. Non distruggere tutto solo perché non vuoi più condividere la tua vita con me. Ne avevamo soltanto parlato, in quelle ore felici, quando eravamo infelici: ma non mi avevi promesso nulla, non devi sentirti in colpa. (…) Le parole che i sussurravi fino a pochi mesi fa sono la cosa più bella che mi è toccata: lasciamele. (…) Tuo, Marco”. 

1. Sandro Veronesi non è tra i miei autori preferiti 2. La copertina di questo suo ultimo romanzo è orrenda 3. Il titolo, anche se forse difficilmente si sarebbe potuto fare altrimenti, è snervante 4. Non avevo nessuna curiosità di leggerlo ma 5. la mia adorata amica Alessandra me lo ha regalato a Natale e allora io l’ho aperto e…e adesso provo a spiegare perché ho detto wow e perché, da un certo punto in poi, ho detto ‘disastro’.

Il colibrì è Marco Carrera, protagonista assoluto della storia. Lo chiamava così sua madre: era bellissimo ma piccino, non cresceva. Eppure, in quella parvenza di delicatezza e stasi, la forza doppia di chi vola e resta fermo, di chi si lascia attraversare dai venti, dalle tempeste, senza farsi trascinare. E molti e furiosi sono i venti che investono Marco durante tutta la sua vita, qualcuno potrebbe definirli cattivi, qualcun altro tempranti. Di certo, nelle pagine che Veronesi ha costruito – con grandissimo lavoro di montaggio fiction/letterario – ci sono tutti i temi esistenziali, tutti i dolori, tutte le paure del mondo e dell’essere umano occidentale. La famiglia, i tradimenti, il matrimonio, la ludopatia, le menzogne e le bugie, la depressione, il suicidio, l’eutanasia. E poi il dolore estremo che nella nostra cultura non ha nome, quello di un genitore che perde il proprio figlio. Anche se la freddezza narrativa dell’autore ingegnere e architetto si avverte in ogni riga le prime duecento pagine sono una trappola buona, ci finisci dentro, riesci a perdonare la figura irreale, rumorosa e antipatica di Daniele Carradori (lo psicanalista di Marina, ex moglie di Marco e madre della sua unica figlia, Adele).

In molti dicono che quando si diventa nonni si perde ogni lucidità. È vero. La narrazione precipita, e non si riprenderà più, con la gravidanza di Adele. La figlia ventunenne di Marco aspetta un bambino, un bambino che salverà il mondo (aiuto), un bambino che si chiamerà Miraijin, ovvero L’Uomo del Futuro, un bambino che nascerà in acqua assistito dal nonno e nasce bambina e la puerpera annuncia: “L’Uomo del Futuro è una femmina!” (aiuto aiuto aiuto). Non è finita. L’uomo del futuro è una femmina mulatta, con i ricci neri liquidi (povero Bauman), gli occhi a mandorla e celesti. Chi sia il padre non si sa (azzardo con ironia: Dio è tornato?) ma comunque Miraijin è buona e ovunque passa lei accadono miracoli, compreso quello di salvare dalla disperazione nonno Marco.

Ok, mi fermo qui. Come un colibrì.

Sandro Veronesi, Il colibrì, La nave di Teseo

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