In cucina con il web? Meglio istinto e fantasia

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Io e il computer non andiamo d'accordo. In cucina, quindi, più che alle ricette sul web mi affido a istinto e fantasia. E a volte funziona

Come molte (e molti), dall’inizio della pandemia mi sono data alla cucina. Nel senso che, improvvisamente obbligata a starmene chiusa in casa per 55 giorni consecutivi, ho dovuto inventare mille modi per occupare il tempo che non passava neanche a pagarlo.

Certo, avevo il lavoro (da remoto non finisce mai), la ginnastica, una pila di libri da leggere e un fidanzato da stropicciare. Ma 24 ore erano comunque lunghissime. Quindi, per rendere il lockdown meno allucinante ho deciso di mettermi ai fornelli e di portare in tavola primi, secondi, contorni e dolci preparati con le mie sante manine.

Tutto questo, però, era per me un’assoluta novità. Quando ero ragazzina, infatti, del cibo se ne occupava la mamma. Nelle mie cene da single ho ingurgitato solo tonno e maionese, cereali con latte e Ovomaltina e pane e Nutella (per fortuna i pranzi in mensa fornivano al mio organismo qualche straccio di verdura). E poi, ho avuto la bella idea di sposarmi con un uomo talmente bravo a cucinare che avrebbe dovuto lavorare in un ristorante.

Morale, per anni e anni ho svangato ogni impegno con le pentole sul fuoco. Perciò, quando mi sono messa di buzzo buono ho dovuto affrontare il primo appuntamento con un sito di ricette, che si è rivelato oltre il tragico vista la mia totale refrattarietà all’online.

Sì, perché agitatissima con lo smartphone in una mano e il mestolo dall’altra, continuavo a perdere la pagina scelta. E a ritrovarmi con tutto l’occorrente per le lasagne al forno ma, sotto agli occhi, le istruzioni per il brasato. Un disastro dal quale sono uscita con una tattica al limite del geniale: abbandonare il web e affidarmi all’istinto. Quindi, ho rinnegato le indicazioni per dosi e tempi di cottura consigliati sui vari blog e ho dato spazio alla fantasia.

Ve lo racconto perché sul numero di Confidenze in edicola adesso c’è un articolo, Dove il pane è di casa, che parla di una delle più grandi tradizioni tra l’Abruzzo e il Lazio, tramandata da madre in figlia. Le quali, generazione dopo generazione, impastano con passione, senza mai guardare ricette né timer.

Caspita, come me! Che tiro fuori dal frigo quello che c’è, invento assemblaggi, cuocio a casaccio e servo incrociando le dita.

La strategia non sempre dà risultati da chef stellato, ma neppure pessimi. E siccome, ripeto, la cucina non è mai stato il mio punto forte, mi sono spesso chiesta come qualche temerario a volte possa addirittura chiedermi il bis.

Le risposte credo siano più di una. La prima: noi italiani abbiamo la cucina nel sangue e una quantità di ingredienti talmente buoni a disposizione che giochiamo facile. La seconda: chi, come me, mette il cibo nella top-ten dei motivi per cui vale la pena stare al mondo, è dotato davvero di una sorta di istinto che lo porta a scolare la pasta al momento giusto e a condirla con intingoli improbabili ma mica male. La terza: se in ogni cosa che fai metti una minima di passione, tutto può dare grande soddisfazione.

Ebbene, nel mio caso la passione per la cucina oggi c’è (se me l’avessero detto a febbraio 2020 mi sarei fatta una sonora risata). Però, non mi difende dal panico se ho ospiti a cena.

Quando succede, per fare la spesa impiego un’eternità perché metto e tolgo la roba dal carrello in preda all’indecisione sul menù. E poi, a casa, vengo colta da una valanga di dubbi su come verranno i miei manicaretti.

Ma quando l’ansia rasenta il patologico, mi fermo un attimo e penso che se il cibo sarà immangiabile posso sempre proporre agli amici un piatto di tonno e maionese, una tazza di cereali con latte e Ovomaltina o una fetta di pane e Nutella. Sicura di mandarli via felici, con il palato in solluchero.

Confidenze