“È a letto nella sua camera d’albergo, e non trova pace. Il materasso, confortevole, non basta certo a placare il suo stato di agitazione. Nemmeno i due antidepressivi che ha trangugiato hanno sortito alcun effetto, forse sono stati i voli a renderlo così irrequieto, il modo impietoso in cui quei bestioni alati hanno sobbalzato lungo tutto il tragitto, scricchiolando e gemendo sotto il proprio peso. O più probabilmente è il terrore di fronte a quello che ha fatto, la consapevolezza di aver sacrificato tutto. Perché ora è tutto vero. L’orologio svizzero ha suonato l’una e mezzo; mezzanotte e mezzo a Londra. Quella che per settimane è stata soltanto una spaventosa prospettiva, adesso è un fatto: Bram è un fuggitivo, un uomo alla deriva per sua stessa volontà. Si era illuso di provare un cupo senso di sollievo, ma adesso che il momento è arrivato, la sua mente è invasa dal…nulla. Oddio, Fi. Ha già saputo? Qualcuno avrà pur visto. Qualcuno le avrà telefonato per avvisarla. Forse è già sulla strada di casa. (…) Non ricorda il nome dell’albergo. Lo ha scelto perché è vicino all’aeroporto, perché si tratta di un luogo senz’anima, com’è giusto che sia. In fin dei conti è esattamente questo ciò che ha fatto. Ha venduto l’anima. Tuttavia non ha dimenticato come ci si sente ad averne una. Non ancora”.
Fiona sta tornando a casa in anticipo. Una sua collega di lavoro l’ha chiamata in preda al panico per un documento che non riesce a ritrovare sul suo pc, un documento necessario per una riunione che deve tenersi quello stesso giorno. Così Fiona ha interrotto la sua fuga romantica con Toby, l’uomo che sta frequentando da qualche tempo, l’uomo che la sta consolando: suo marito Bram l’ha tradita, di nuovo, e l’ha fatto proprio nella casetta dei giochi dei loro due bambini, quella che poco tempo prima avevano costruito nel loro splendido giardino. Perdonarlo? No, non di nuovo. Fiona ha chiesto la separazione. Ma Fiona è anche e soprattutto una brava madre, proprio per questo ha concesso al marito fedifrago di continuare a gestire e occuparsi insieme a lei dei figli e di farlo dividendosi i giorni della settimana. I bambini non hanno colpe, quindi saranno i genitori ad alternarsi nella loro, amatissima casa. Fiona sta tornando in anticipo. Ma qualcuno, pensava di aver visto male, sta traslocando. In casa sua.
Allora, cambio per un attimo discorso perché voglio mettervi in guardia. Voglio mettervi in guardia da tutti quelle persone, lettori, che dichiarano impettite di non leggere thriller. Ecco. Fuggite a gambe levate! I thriller sono cosa buona e giusta, ok? Ricordatevelo sempre. E anche se voi non li leggete non fate l’errore di frequentare qualcuno che non li legge, di nuovo ok? (Scherzo. Ma non troppo).
Torniamo a Londra. Bram ha combinato un disastro. E poi un altro ancora. Tutto per colpa delle sue bugie, del suo alzare un po’ troppo il gomito, della sua passione per la guida veloce. La situazione è precipitata in un pomeriggio qualunque, quando a causa di un sorpasso azzardato ha provocato un incidente gravissimo.
Mi fermo qui. Vi dico solo che ci sono almeno tre intuizioni dell’autrice davvero geniali. E che l’ultima riga vi farà tremare. Perché spesso quando cerchiamo di aiutare chi amiamo, succede che lo stiamo condannando.
Louise Candlish, La casa che era nostra, DeA Planeta
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