La donna è un’isola di Audur Ava Olafsdottir

Mondo
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“Qui non ci tornerò mai più, per cui, finite le due fette di pane, sto per ringraziarlo ancora e dargli un bacio, quando all’improvviso mi domanda quanto spesso io pensi a lui. 

– Ma, così…ogni tre, quattro giorni, – dico.

 – Fa cinque virgola sei volte in tre settimane, – calcola il neodivorziato specialista, con la camicia di fuori tutta sbottonata; – io penso a te molto più di quanto tu pensi a me, su questo direi che non ci piove. Io ti penso…vediamo…sì, all’incirca sessanta volte al giorno. Senza contare quando mi sveglio di notte. Quando mi sveglio di notte mi chiedo che cosa stai combinando, ti immagino mentre ti spalmi la crema dopo aver fatto la doccia, mi chiedo come sarebbe essere te. Poi mi piace pensare che la sera ti infili nel letto solo dopo che tuo marito si è addormentato. 

– In questi giorni lui non è quasi mai a casa, la sera. 

Alla fine mi domanda se ho già pensato di chiedere il divorzio. 

– No, non ci ho pensato, – gli dico. 

Non ci ho pensato perché, probabilmente, amo mio marito. Ma questo non glielo dico. Poi, di punto in bianco, mi annuncia che questa è stata la nostra ultima volta.

– L’ultima volta che cosa? 

– Che facciamo l’amore. È una tortura troppo grande, dopo, doverti salutare, mi sembra di stare in bilico su un precipizio. E io sono uno che soffre terribilmente di vertigini”. 

 

Non è tanto un libro, quello che voglio consigliare, ma un mondo lontano. Un luogo a nord, una terra giovane, quasi un embrione emerso da poco grazie alle contrazioni non ancora definitive di un vulcanismo progressivo. Un luogo che ha compiuto da poco 14 milioni di anni. Le sue sorelle maggiori, le catene montuose dell’Europa continentale, ne hanno 600. Di milioni di anni, intendo. Un posto senza mezze misure: o è sempre notte e a regalarti il senso della luce ci pensano stelle e aurore boreali o è sempre giorno, che non vuol dire sempre sole, però. In questo luogo che sta a nord – e Reykjavìk, la sua capitale, è la più in alto di tutte – vivono 300.000 persone. Ogni cento abitanti ci sono 5 scrittori, 150 case editrici e si pubblicano 1500 nuovi titoli l’anno. Hanno una squadra di calcio che sta facendo innamorare tutti ai Mondiali senza tricolore in Russia. Non hanno mai fatto la guerra, lì. Mangiano gli squali. E mentre tutto intorno è gelo fanno il bagnetto nelle pozze di acqua geotermale. Jules Verne, per il suo Viaggio al centro della terra, fece partire la fantasia esattamente da questo posto che quasi non ha alberi.

 

Di cosa sto parlando? Sto parlando di libri, in fondo. Anni fa ho scoperto per caso la letteratura islandese. Mi sono innamorata della leggerezza narrativa che porge grandi profondità filosofiche, mi sono infatuata del rapporto fisico e sensualissimo che ogni autore ha con la natura del proprio Paese. E leggendo leggendo leggendo le parole, e il libro, mi hanno aiutata a forgiare un sogno nuovo, un viaggio al centro della mia terra interiore, dei miei pensieri più a nord.

 

Parto a luglio. Porterò con me tutto quello che ho immaginato e ‘diretto’ con gli strumenti dei miei meridiani, delle mie latitudini. Sarà bellissimo impastare tutto e guardare con occhi che nasceranno lì. Mai per nessun viaggio ho avuto certezza assoluta prima di partire. Ma qui c’è da festeggiare una nuova nascita, quella di una terra di pace, di un silenzio che mi hanno detto è simile al vagito di un neonato, di prati e fiori e terreni soffici come piccole manine, di misteriosi futuri ancora tutti da crescere.

 

Visto cosa è in grado di fare un libro?

 

Ps: della Olafsdottir vi consiglio (già fatto, qui) anche i due libri che ho amato di più, L’Eccezione e Rosa candida

 

Audur Ava Olafsdottir, La donna è un’isola, Einaudi

 

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