La figlia di Clara Usón

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La tragica storia di Ana, la figlia del generale serbo che ordinò la strage di Srebrenica, ci racconta anche gli anni della guerra nei Balcani e l'amore sconfinato di una figlia per il padre

“Ana Mladić venne sepolta nel cimitero di Topčider, a Belgrado. Il generale Mladić, vestito a lutto, così come sua moglie e suo figlio, ricevette le condoglianze di amici e famigliari con le palpebre arrossate, molto provato. «Mi hanno strappato il cuore», disse loro. Si vide il generale posare la fronte sul coperchio della bara e sciogliersi in pianto. La tomba di Ana Mladić è semplice: una lapide di marmo grigio con la scritta in cirillico: Ana 1971-1994. La morte della figlia del generale Mladić scatenò ogni genere di diceria. Girava voce che Ana fosse cambiata dopo essere tornata da un viaggio studio a Mosca, quel marzo stesso. Gli amici che erano stati con lei dissero che là avevano avuto delle discussioni sulla guerra di Bosnia e il ruolo avuto dal padre di Ana, che la ragazza venerava. Corse anche voce che a Mosca, per la prima volta, la figlia di Mladić avesse avuto accesso a una serie di informazioni non censurate sui fatti della guerra e che la scoperta degli spaventosi crimini che venivano attribuiti al padre l’avesse sconvolta, non era più riuscita a sopportare il peso del proprio cognome, preferendo togliersi la vita piuttosto che essere la figlia di un criminale. Il generale Mladić rifiutò di accettare che sua figlia si fosse suicidata. Ma il rapporto della polizia era perentorio: nessuno era entrato né uscito dalla casa durante la notte, non c’erano impronte, né porte o finestre forzate. Due cani da pastore e diversi agenti del reparto Cobra sorvegliavano la casa. Ana Mladić si era tolta la vita, senza ingerenze esterne. Quattro giorni dopo aver dato sepoltura alla figlia, Mladić tornò al fronte. Aveva saputo di un nuovo piano di pace che Milošević stava negoziando con l’Occidente e non aveva alcuna intenzione di permettere che nessun cessate il fuoco gli impedisse di finire il suo compito”.

Quando pensiamo ai fatti della storia, quelli che hanno a che fare con le guerre, tendiamo a farlo facendo riferimento ai campi di battaglia, alle date di distruzione poi di distensione, ai nomi dei generali e dei combattenti. Qualche secondo lo dedichiamo ai civili, alle case e alle chiese distrutte, alle strade interrotte. Etichettiamo poi con la parola ‘buoni’ alcuni, con la parola ‘cattivi’ altri. Prendiamo una massa informe composta da migliaia e a volte milioni di individui e a loro togliamo carattere, peculiarità, spirito critico. Ratko Mladić, il generale serbo, l’uomo che prima di dare l’ordine che portò alla morte più di 8000 uomini (ragazzi, adulti e vecchi di fede musulmana) a Srebrenica si era fatto riprendere dalle telecamere mentre distribuiva caramelle ai bambini e diceva alla folla terrorizzata di mantenere la calma, che non sarebbe accaduto nulla di male a nessuno, ebbene, quell’uomo, condannato all’ergastolo dal tribunale dell’Aia, è anche un marito e un padre. Due figli, un maschio e una femmina. Il romanzo, che coniuga l’indagine rigorosa dei fatti con l’arte della narrazione, racconta la storia della parte conclusiva della vita di Ana, la figlia aspirante medico del genocida che, a soli ventitré anni, si è uccisa sparandosi un colpo di pistola alla tempia con la Zastava di famiglia. Nelle pagine, tante, che la Usón ha costruito in maniera impeccabile, si intreccia la storia dei paesi slavi prima ancora della unione voluta da Tito, i conti in sospeso che prima o poi devono tornare, le rivincite sul passato di sangue. Ma ad alzare la voce è la storia di Ana, figlia che ama il padre, che lo venera, ragazza tenuta all’oscuro delle azioni del generale serbo. In molti, quasi tutti, tendiamo a prendere le parti di chi amiamo, giustifichiamo, chiudiamo gli occhi, rimuoviamo. I legami di sangue, e la bandiera, sono buone scuse. Nessuno, ci diciamo, può condannare un figlio che prende le parti di un padre.

Non è così. Leggete queste pagine. Regalatele ai vostri cari. Consigliatele a chi non ha la forza di denunciare e rinnegare il Male. Dedicate un pensiero ad Ana.

 

Clara Usón, La figlia, Sellerio

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