Lo scorso luglio lo Strega lo ha vinto una donna, Elena Janeczek . Ho letto solo 40 pagine de La ragazza con la Leica, e non vedo l’ora di tornarci. Mi aspetta. È avvolgente, con una lingua che è già racconto, e appena avrò scritto queste note lo riprenderò di corsa. Ha tutti i segni del grande romanzo, e grande dev’essere davvero, per aver superato Il gioco di Carlo D’Amicis, uno di quei libri come ne escono ogni 100 anni. Quanto a La corsara di Sandra Petrignani, non l’ho ancora letto ma sono entusiasta degli altri suoi titoli, e più volte le ho consegnato il mio Strega interiore cum laude per Addio a Roma, La scrittrice abita qui, Marguerite– la sua arte di fondere romanzo è storia è mirabile. Ed è un’enormità che da 15 anni il premio non venisse dato a una donna, non per par condicio, che è insensata in letteratura, ma perché ci in questi 15 anni si contano straordinarie scrittrici in lingua italiana come Fiamma Satta, Chiara Barzini, Michela Murgia, Isabella Santacroce, Chiara Valerio, Carla Vangelista, Violetta Bellocchio, Viola Di Grado, Dora Albanese, Mariolina Venezia, Silvana La Spina, Elena Stancanelli, Tijana Djerkovic, la Ferrante… solo quelle che mi vengono in mente ma ce ne sono tante altre – nella saggistica Lucetta Scaraffia, Luisa Muraro, Maria Rita Parsi – ma ho trovato pessima la grancassa dei media sul fatto che avessero trionfato le donne.
Sono scrittrici di primissima qualità, e hanno meritato il riconoscimento perché sono brave, non perché sono donne! Invece si è fatto un tale peana sul loro sesso, da far somigliare lo Strega a una festa di beneficenza per premiare le bambine col fiocco rosa. Altro che fiocco rosa, la Janeczek, la Petrignani hanno penne terribili. Prima non ci davano i premi perché siamo donne, adesso ce li danno perché lo siamo? Offensivo e paternalista.
Non mi convince il risarcimento peloso che ci conferiscono ai grandi premi, somiglia all’inchino che ci facevano quando eravamo schiave, è un sessismo mascherato. Quanto mi sprofondo nello scintillante inferno della vita artistica di Roma dagli anni ’50, in Addio a Roma della Petrignani, non è il suo essere donna che mi emoziona, ma il suo essere artista visionaria, spietata, pietosa, mi emoziona il tratto stilistico, il vedermi passare davanti i fantasmi vivissimi di Alberto Moravia, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza, Amelia Rosselli, Elsa Morante…..
Non vogliamo essere discriminate né col silenzio, né coi premi. Vogliamo che sia valutato il nostro lavoro. Che siamo donne, maschi, o trans.
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