Camminare di Erling Kagge

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Dall'autore che ha raggiunto a piedi il Polo Sud, un saggio su un gesto semplice, ma carico di metafora, come camminare.

“Imparare a camminare forse è la cosa più pericolosa che facciamo nel corso della nostra vita. (…) Homo Sapiens ha sempre camminato. Fin da quando i nostri antenati hanno cominciato a girovagare, partendo dall’Africa orientale settantamila anni fa, la nostra è stata la storia di un cammino. (…) 

Le lingue create dagli uomini rispecchiano l’idea che la vita sia una lunga camminata. In sanscrito, una delle lingue più antiche al mondo e originaria dell’India, il concetto di passato è espresso con il termine gata, «quel che abbiamo camminato», mentre il futuro si chiama anagāta, «quel che non abbiamo ancora raggiunto». (…)

Mi è impossibile tenere il conto delle camminate che ho fatto. Ne ho fatte di corte e di lunghe. Ho camminato per lasciare una città o per entrarvi. Ho camminato di notte e di giorno, lasciando fidanzate o andando incontro ad amici. Ho camminato per boschi e montagne, su superfici ghiacciate e in paesaggi trasformati dall’uomo. Ho camminato annoiandomi e ho camminato per fuggire l’inquietudine. Ho camminato nel dolore e nella gioia. Ma a prescindere dai dove e dai perché, ho camminato tanto. Ho camminato fino alla fine del mondo, letteralmente.

Ogni camminata è stata diversa dalle altre, ma guardandomi indietro posso individuare un tratto comune: il silenzio interiore. Il camminare e il silenzio sono collegati. Il silenzio è astratto, il camminare concreto”.

L’uomo ha cercato in tutti i modi di accelerare e sorpassare il proprio passo, decuplicarlo, azzerarlo facendolo volare. Annullare le distanze temporali avvicinando sempre di più luoghi, comprimendo esperienze. Erling Kagge, norvegese, cinquant’anni abbondanti, è stato il primo uomo che, da solo, camminando, ha raggiunto il Polo Sud. Non si è fermato. Si è girato e si è avviato verso il Polo opposto e poi ha pensato bene di salire in altezza e conquistare una cima dell’Everest. Ha camminato a lungo da una parete all’altra del suo salotto, le sue mani unite a quelle della sua bambina Solveig, che a tredici mesi doveva decidere se fosse a una farfalla o a una mela, come recita l’inizio di una poesia di Neruda, che doveva somigliare il suo piede.

“Un gesto sovversivo”, questo il sottotitolo e nello stesso tempo il senso del bel libro che vi sto consigliando: tanti gli aneddoti personali, tante le camminate descritte, sue e non solo. Camminare, il gesto primordiale che diventa un punto di ritorno, un obiettivo, una soluzione.

Siamo i nostri passi. Quelli pesanti di quando siamo preoccupati e non riusciamo a stare fermi, quelli che non toccano terra di quando siamo felici. La vita è il nostro cammino, metafora e gesto fisico. Ogni passo è una scelta, un dovere, un movimento che crea il nostro mondo, il futuro dell’universo. Facciamolo. Camminiamo, fuori e dentro di noi, e ascoltiamo il silenzio – ha tanto da dire – del nostro andare.

“Gli ultimi passi di mio nonno lo portarono davanti a un plotone d’esecuzione nella fortezza di Akershus, la notte del 9 febbraio 1945. (…) Nonno a casa aveva tre figlie, proprio come me. Ho provato a immaginare come abbia percorso quell’ultimo tratto”.

Erling Kagge, Camminare, Einaudi

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