Per guardare oltre le diversità

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Il 2 aprile ricorre la Giornata Mondiale dell'autismo, un disturbo in crescita tra i bambini, e che genera ancora paura e vergogna

Sono la mamma di Leonardo e Lorenzo, due gemelli, di cui uno autistico. Dedico la mia vita ad aiutare altre famiglie a convivere con questo disturbo che suscita ancora paura e vergogna

 

Storia vera di Paula Terra Antunes raccolta da Valeria Camagni

 

Sono nata in Brasile ma a 20 anni mi sono trasferita in Italia per amore. Ho sposato un lucchese e dopo sei anni nel 2003 sono nati i nostri due gemelli: Lorenzo e Leonardo. Fin qui sembra il finale degno di una favola, ma purtroppo non è così: verso i due anni nostro figlio Leonardo ha iniziato ad avere dei comportamenti strani, sembrava assente nello sguardo, non mi rispondeva se lo chiamavo, a un certo punto avevamo pensato anche che fosse sordo. Invece ben presto, ancora prima di avere una diagnosi ufficiale, abbiamo capito che si trattava di autismo.

Quando ti trovi di fronte a questa realtà la reazione è sempre quella di non credere che sia capitato proprio a tuo figlio, e poi questi disturbi hanno uno spettro amplissimo di comportamenti, a volte anche difficili da intercettare. In ogni modo è iniziata la nostra lotta con l’autismo, e ci tengo a dire ”con” e non “contro” perché con questa condizione bisogna solo cercare di conviverci, non si guarisce mai del tutto. Così è iniziato anche il mio pellegrinare all’unico centro che allora esisteva a Scandicci, in provincia di Firenze, dove si potevano fare le terapie. Mi sembra giusto ricordare, perché forse non tutti lo sanno, che con la diagnosi di autismo rilasciata dalla Asl si ha diritto a fare in ospedale un’ora di terapia alla settimana, che è del tutto insufficiente se si vogliono avere dei risultati in tempi brevi. Quindi è inevitabile dover rivolgersi a strutture private per fare logopedia piuttosto che psicomotricità.

Nel frattempo ho sentito il bisogno di confrontarmi con altre persone e rendere pubblico il problema dell’autismo, che allora, parlo di quasi 20 anni fa, in Italia era molto poco sentito e le persone si vergognavano quasi a parlarne. Ricordo, per esempio, che quando ogni anno tornavo in Brasile in occasione del Carnevale tutti i monumenti si illuminavano di blu per la Giornata mondiale dell’autismo del 2 aprile mentre qui in Italia non accadeva nulla di simile. Così nel 2015 mi è venuta l’idea di creare un’associazione “Con gli occhi del cuore” dedicata alle famiglie con figli disabili. Prima di avere bambini, ero già volontaria di Anfass (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo), ma la mia esperienza di genitore con un figlio affetto di autismo grave mi ha fatto capire che il supporto non è mai abbastanza, che le famiglie si sentono sole. Lo statuto dell’associazione è stato redatto nel 2018, io l’ho chiamata così perché se guardi ”con gli occhi del cuore” non vedi la diversità; in giro c’è tanta paura, tanto pudore e vergogna a parlare ancora di queste forme di disabilità e invece bisogna vincerla. Con la mia associazione abbiamo raccolto cifre importanti per aiutare le famiglie con figli disabili, specie durante il periodo del lockdown quando i servizi di assistenza e terapia erano stati sospesi. Poi abbiamo fatto accendere la Torre di Pisa e le Mura di Lucca in occasione della Giornata mondiale dell’autismo e abbiamo realizzato i braccialetti blu. Infine ho creato la squadra di basket ”Baskin” che raccoglie i ragazzi con diverse forme di disabilità ma anche i normodotati. Per un certo periodo anche Leonardo ha partecipato agli allenamenti, si fanno o tornei, si va in trasferta, è un modo per aggregare i ragazzi. Io ho sempre cercato di reagire positivamente alla disabilità di mio figlio: “Buongiorno dal mondo di Leo” era il mio saluto mattutino dai social dove raccontavo la mia esperienza quotidiana con lui e i vari episodi come se fossero una favola. Ed è stato così che sono venuta a conoscenza della serie di cartoni animati ”Il mondo di Leo”, ideata dal professor Paolo Moderato, e rivolta a bimbi autistici e non. Quando c’è stato il Festival del Comics a Lucca, lo scorso anno, ho voluto portare il cartone animato al cinema come evento per parlare di autismo.

Oggi Leonardo non vive più in casa con noi, dopo il periodo del lockdown è stato necessario trasferirlo in una struttura specializzata per disabili perché aveva il problema di non riuscire più a controllare l’impulso del cibo. Era ingrassato di 40 chili e in casa non era più gestibile. In questi anni io ho sacrificato la vita di Lorenzo, il fratello di Leonardo, che è cresciuto più in fretta di tanti altri ragazzi, ed è stato privato anche di tante piccole gioie, come poter invitare un amico in casa, vivere in un ambiente dove non ci fossero porte chiuse o il frigorifero con il lucchetto. Leonardo necessita di assistenza continua, non può essere lasciato solo un istante e ora si trova in questo centro a San Miniato, dov’è ricoverato da un anno. Lo vado a prendere due volte la settimana e lo porto a casa, ma vedo che si è ambientato molto bene in questa struttura, i soggetti come lui sono molto abitudinari e per lui ora la casa è al centro. Per Lorenzo è stata un po’ una liberazione, finalmente si è sentito libero di vivere la sua adolescenza, oggi ha anche trovato lavoro. Io invece proseguo l’impegno nella mia associazione che non si occupa solo di autismo, ma di tutte le disabilità e diversità, compreso anche il mondo Lgbt.

Mi scrivono tante mamme, anche di altre città, perché solo chi vive da vicino l’autismo sa quanto impatta sulla vita familiare. Bisogna parlarne, perché ci sono ancora tanti aspetti che le persone non conoscono: a parte il futuro lavorativo di questi ragazzi (per quelli che possono svolgere un impiego e che hanno un deficit dello spettro non troppo pesante) c’è per esempio il tema della tutela legale. Quando i ragazzi autistici diventano maggiorenni noi mamme diventiamo i loro tutori legali e per ogni più piccola spesa che li riguarda dobbiamo affrontare l’umiliazione di andare da un giudice a chiedere il permesso di utilizzare i soldi, quasi come se fossimo sospettate di rubarli, e questo perché purtroppo la legge dice così. C’è ancora molto da fare, molto su cui intervenire e io voglio rendermi utile.

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