Quelle scarpe che Giulia non indosserà mai

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La tragica fine di Giulia Cecchettin ha scosso l'opinione pubblica alla vigilia del 25 Novembre. E si parla di educazione affettiva a scuola

Dovevano servirle per il giorno della Laurea, aveva tutto già pronto Giulia Cecchettin, tranne le scarpe che avrebbe dovuto acquistare quel sabato, per questo aveva accettato di farsi accompagnare da Filippo Turetta, l’ex fidanzato che l’ha poi ammazzata. Un particolare che suona ancora più tragico alla vigilia del 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che mai come quest’anno cade in un contesto infuocato di polemiche per il brutale omicidio della ragazza.

Il caso ha profondamente colpito l’opinione pubblica e lacerato i dibattiti in tv. Sicuramente per la giovane età dei protagonisti ma credo anche per una serie di ragioni che tenterò qui di spiegare.

La prima è l’assoluta normalità dei due ragazzi e del contesto familiare dove è scoppiata la tragedia, questa volta non abbiamo davanti famiglie disfunzionali, per usare parole tanto abusate, ragazzi cresciuti in contesti sociali violenti, abbiamo davanti due studenti in Ingegneria biomedica, prossimi alla laurea, vissuti in un ambiente familiare che ha dato loro ogni forma di accudimento. Insomma ragazzi non tanto dissimili dai nostri figli e questo ci fa sentire più fragili, perché getta l’inquietudine, il sospetto che in qualsiasi famiglia un episodio del genere possa succedere.

La seconda è che a sentire le dichiarazioni del padre di Filippo, il figlio era un ragazzo modello, per nulla propenso a comportamenti violenti, mai uno screzio con i compagni, mai un problema a scuola o in famiglia, un ritratto che stride con quello del mostro descritto in questi giorni sui giornali. Così come divide l’opinione pubblica la dichiarazione della sorella di Giulia, Elena, che accusa Filippo di essere figlio del patriarcato diffuso nella nostra società.

Il suo dolore merita rispetto, ma credo che prima di fare di ogni erba un fascio bisognerebbe riuscire a trovare risposta alla domanda che tutti noi ci stiamo facendo: che cosa è scattato nella testa di Filippo da indurlo a uccidere a coltellate la ex fidanzata? Che cosa ha spinto un ragazzo “normale” a reagire in quel modo a un abbandono affettivo?

A me ha colpito una frase delle tante riportate dai quotidiani in questi giorni: “Devi aspettarmi” aveva detto Filippo a Giulia cercando di indurla a rimandare l’esame di Laurea che avrebbe dovuto sostenere proprio una settimana fa all’Università di Padova.

E qui vengo al terzo motivo ha scosso l’opinione pubblica: Giulia si stava laureando prima di lui e forse dietro quel traguardo Filippo aveva intravisto un ulteriore distacco, un’imminente autonomia della sua ex ragazza, che magari si sarebbe concretizzata nel trovare presto un lavoro, o magari chissà nell’allontanarsi per sempre da lui trasferendosi all’estero.

Mi fa tristezza pensare all’ennesima giovane vita spezzata in modo così brutale, ma soprattutto all’ennesimo tentativo di tarpare le ali a una donna, di volerla riportare nei binari della normalità, sempre un passo dietro l’uomo di turno, costretta ad abdicare al suo futuro per amore del fidanzato. Privata della sua stessa vita perché non potesse formarsene un’altra altrove, magari da sola o accanto a un’altra persona.

Lo sgomento suscitato dall’omicidio di Giulia è stato così profondo proprio perché nessuno si aspettava che in un contesto sociale simile potesse esplodere una violenza così barbara, ed è la conferma che la violenza è trasversale, non conosce cultura né ceto sociale né purtroppo età.

Qualcuno dirà che sono casi isolati, che Filippo aveva un profilo psicologico particolare, si era fissato, era di una gelosia morbosa, tutto vero, ma dall’inizio dell’anno in Italia le vittime di femminicidio sono state più di 100, 77 delle quali in ambito familiare. C’è qualcosa che non quadra se ogni tre giorni muore una donna per mano dell’ex o di un familiare. Sta diventando una piaga sociale.

Oggi in Parlamento si varerà una nuova legge con misure più aspre contro i femminicidi mentre nelle scuole saranno introdotti dei corsi all’affettività, io parlerei di educazione sentimentale vera e propria, perché la scuola dopo la famiglia è la prima forma di società dove ci confrontiamo con i nostri coetanei e dove si formano certi comportamenti, certe forme di prevaricazioni.

La mia generazione come le precedenti sono cresciute senza che si parlasse di sesso, né di affettività a scuola o a casa, ma io negli anni 80 della mia adolescenza non ricordo una serie così efferata di delitti contro le donne, eppure di certo non mancavano i mezzi d’informazione per divulgarli se ci fossero stati.

Che cosa è cambiato da allora? Forse siamo cambiate noi donne, siamo diventate più indipendenti, più consapevoli del nostro ruolo nella società come soggetti autonomi e non solo appendici di un marito e questo molti uomini non lo hanno ancora accettato.

Su Confidenze questa settimana trovate due storie a tema violenza, le avevamo preparate pensando alla giornata del 25 novembre ma mai come ora è “sempre25novembre”. Sono storie molto diverse tra loro, in una delle due parla proprio un uomo pentitosi delle aggressioni compiute verso la sua ex: “Se ami una donna e lei non ti vuole più devi lasciarla andare, accettando le sue decisioni, anche se fanno male” dice alla fine l’uomo e magari fosse d’esempio per tutti.

Concludo con una notazione amara, Giulia ha trovato la morte fidandosi dell’ennesimo ultimo appuntamento con l’ex-fidanzato che voleva accompagnarla a comprare le scarpe da mettere il giorno della laurea, quante volte abbiamo sentito dire dagli psicologi, dopo un femminicidio, di non fidarsi ad andare all’ultimo chiarimento?

Purtroppo hanno avuto ragione anche questa volta.

Nei prossimi giorni quando vedremo le tante scarpe rosse che celebrano il 25 novembre, ricordiamoci che tra queste ci sono quelle che Giulia non ha fatto in tempo a indossare.

Confidenze