Rapporto Alzheimer 2022: dopo la diagnosi manca la cura

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Il punto in occasione della Giornata Mondiale dell'Alzheimer: in Italia i malati sono 1.400.000 e spesso dopo la diagnosi manca la cura

Su Confidenze di questa settimana trovate la storia vera di Paola Chinchero e di sua madre Vita, affetta da Alzheimer, che ha trovato conforto e supporto nella malattia all’interno di “Il paese ritrovato” di Monza, una realtà appositamente pensata per i pazienti affetti da demenza senile.

È una delle iniziative realizzate in questi anni per consentire a chi soffre di malattie neurodegenerative di non essere isolato dalla vita sociale e continuare, nei limiti del possibile, a condurre una vita normale. Nella Giornata Mondiale dell’Alzheimer di oggi 21 settembre arrivano i dati dell’ultimo Rapporto Mondiale Alzheimer 2022 intitolato “La vita dopo la diagnosi: trattamento, cura e supporto” diffusi da Federazione Alzheimer Italia.

In Italia si stima ci siano oltre 1.480.000 persone con demenza e che entro il 2050 siano destinate a diventare 2.300.000. Nel mondo i malati sono 55 milioni, ma nel 2050 diventeranno 139 milioni. I dati sono allarmanti: l’85% delle persone con demenza rischia di non ricevere le cure adeguate dopo la diagnosi. Per questo Federazione Alzheimer Italia e Alzheimer’s Disease International esortano governo, istituzioni ed enti di sanità pubblica ad agire per potenziare gli strumenti di diagnosi precoce, implementare i piani regionali sulle demenze, attivare percorsi diagnostici terapeutici assistenziali e sviluppare la telemedicina.

«La vita di una persona con demenza non finisce con la diagnosi, anzi, è da quel momento che va avviato un fondamentale percorso di cura e inclusione» spiega Gabriella Porro, Presidente di Federazione Alzheimer Italia. Come Federazione ci battiamo da anni perché ogni persona con demenza veda riconosciuti i propri diritti, primo tra tutti avere accesso a cure adeguate».

Per questo le associazioni chiedono ai governi di intervenire tempestivamente per arginare questa emergenza.

«L’Italia è stata uno dei primi paesi ad avere un Piano nazionale sulle demenze, che ha però ricevuto i primi fondi soltanto nel 2021» aggiunge Gabriella Porro, intervenendo al convegno tenutosi ieri a Milano “Lotta allo stigma, qualità della vita: la strada per l’inclusione delle persone con demenza, giovani e anziane».

«È stata anche definita la ripartizione di questi fondi tra le Regioni, ma tutto questo non basta: ancora oggi in Italia assistiamo a grandi disparità tra Regioni per quanto riguarda i servizi offerti. È importante che la politica ne prenda atto: è necessario accelerare i lavori per la creazione dei piani demenza regionali e rendere questi piani sostenibili attraverso un potenziamento dei finanziamenti destinati al Piano nazionale demenze, purtroppo ancora insufficienti» .

C’è poi il tema dello stigma sociale e dell’isolamento che porta con sé la malattia di Alzheimer mettendo duramente alla prova i malati e i loro familiari  che devono imparare a decifrare comportamenti inediti e inconsueti. La campagna #Nontiscordaredivolermibene, nata con l’obiettivo di sensibilizzare sempre più persone a diventare “Amiche delle Persone con Demenza ha raccolto in un video, visibile su nontiscordare.org, sei semplici consigli che chiunque può mettere in pratica in varie situazioni di quotidianità per mettere a proprio agio una persona con demenza.

E sempre per combattere lo stigma, Antonio Guaita, geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci, ha raccontato come il Comune di Abbiategrasso, nel milanese, si sia trasformato in una Comunità Amica dei malati di Alzheimer, formando diverse categorie di cittadini su come rapportarsi alle persone con demenza per farle sentire a loro agio: vigili urbani, impiegati della biblioteca comunale e degli uffici dell’Istituto Golgi, commercianti, insegnanti di ginnastica per anziani e, infine insegnanti e studenti del liceo Bachelet.

Un’altra iniziativa è l’esperienza del centro diurno online della Fondazione Istituto Geriatrico La Pelucca onlus, nato in via sperimentale durante la pandemia per volontà di un’ equipe di neuropsicologi. L’obiettivo era offrire un supporto quotidiano ai pazienti rimasti spesso senza assistenza e stimoli cognitivi a causa delle norme anti-contagio e che dopo una fase di adattamento hanno imparato a interagire in videoconferenza con operatori e altri utenti collegati da remoto.

Come si vede le iniziative di supporto alle famiglie e ai caregiver sono tante, l’importante per chi ha un malato in casa è non rimanere soli ma rivolgersi alle associazioni.

«Quando una persona riceve la diagnosi di tumore non viene messo in dubbio che abbia bisogno di cure, allo stesso modo perché spesso non vengono offerte cure adeguate alle persone che ricevono una diagnosi di demenza?» si chiede Paola Barbarino, CEO di ADI (Alzheimer Disease International di cui Federazione Alzheimer Italia è unica rappresentante per l’Italia).

«Insieme al miglioramento della diagnosi precoce, la cura della demenza post-diagnosi deve essere riconosciuta come un diritto umano. Se è vero che non esiste ancora una terapia medica in grado di modificare la malattia, ci sono prove evidenti che dimostrano come trattamento, cura e supporto post-diagnosi adeguati migliorino significativamente la qualità della vita e la capacità di una vita autonoma di chi vive con questa malattia».

Confidenze