Grease: visto 14 volte al cinema e non so quante altre in tivù. L’attimo fuggente: doppietta sul grande schermo e infinità di “seconde” visioni in casa. I ragazzi della 3° C: goduto sul divano quando ormai il liceo era già un vago ricordo e “ripassato” in dvd anni dopo. Compagni di scuola: assaporato sia nelle sale a Milano sia in montagna.
L’elencuzzo che vi siete appena sorbettati la dice lunga sulla passione che ho per le pellicole con protagonisti gli studenti. Ma leggendo l’articolo Quella volta che a scuola… (su Confidenze in edicola adesso) mi sono resa conto che non è certo una mia esclusiva.
Infatti, il successo de Il collegio, il reality ormai giunto alla quinta edizione e che vanta oltre il 10% di share, conferma che tutto ciò che riguarda la vita tra i banchi ha la capacità di far affiorare in tutti noi tanti, tantissimi ricordi. Alcuni belli e altri meno. Ma sempre densi come un budino in via di cottura.
Nel mio caso, hanno il sapore del cioccolato i voti mirabolanti presi alle elementari, perché non vedevo l’ora di comunicarli fiera ai miei genitori. Quelli meno frequenti delle medie, perché erano comunque un buon risultato nelle sfide amichevoli con i compagni. E i più rari del liceo, perché mi salvavano dalla furia omicida di mia mamma davanti alle insufficienze.
Come raccontano le testimonianze nell’articolo, però, la scuola non è solo lezioni e interrogazioni. E’ il luogo dove, ancora in erba, si affronta per la prima volta la società e si scopre che il resto del mondo non è protettivo e amorevole come quello casalingo.
In un lustro, poi, si trasforma nella culla delle cotte ingenue, fatte di bigliettini con la scritta “Vuoi stare con me?” e di dilemmi esistenziali del tipo “Cosa diavolo vorrà dire esattamente?”.
E dopo tre anni, sfocia nell’impareggiabile e lunghissima festa dell’ormone impazzito, della voglia di contestare la famiglia e del desiderio di diventare grandi alla velocità del lampo. Non a caso, al liceo scatta l’età in cui si sente il dovere di dichiarare non solo gli anni, ma anche i mesi alle spalle. Tant’è che la risposta alla domanda anagrafica è «Ho 16 anni», seguito da un’importante precisazione: «E mezzo».
La spensieratezza, i primi assaggi di libertà, la sensazione di essere padroni del mondo e del proprio destino, ovviamente, rendono l’epoca delle scuole superiori assolutamente indimenticabili. Nonché l’ambiente ideale in cui girare film, fiction e reality dal successo assicurato (mentre scrivo la mente corre anche a Notte prima degli esami).
Detto questo, cosa è rimasto a me di quei giorni sui banchi? Parto con l’unico neo: il già citato terrore delle insufficienze, visto che la sola estate in cui ho preso una materia a settembre sono stata spogliata di tutto, come fossi in procinto di entrare in cella.
Tutto il resto, invece, è gioia. Infatti, non mi sono neanche mai sognata di bigiare, per non perdere la felicità di entrare nella mia classe. Con cui mi sono divertita alla follia e che è stata una grande maestra di vita.
Frequentavo il liceo linguistico e per la maggior parte eravamo ragazze. Il che mi ha fatto capire l’importanza della solidarietà femminile. Però c’era anche qualche maschio. E il dettaglio non rendeva le nostre giornate di una noia mortale. In più, avevo compagne simpatiche che mi hanno insegnato il valore dell’amicizia (con alcune dura ancora oggi). E altre meno, dalle quali ho imparato a convivere anche con chi non mi piace tanto.
Questi sono i fondamentali della mia esperienza scolastica. Poi, però, ci sono le cazzate che continuano a farmi ridere a distanza di quarant’anni. Ne cito due che non c’entrano con me. L’indimenticabile compito in classe sui Promessi sposi in cui Carlo ha preso tre, per l’irrilevante colpa di aver chiamato i protagonisti Renzo e Maria. E poi, il genialissimo libro di antologia paragrafato da Paolo, con Il fu Mattia Pascal trasformato in un Fu Matia Bazar. Ugo Foscolo divenuto Ugo Fantozzi. Vasco de Gama, alias Basco de Lana. E Il passero solitario ritrovato in una condizione femminile. Un’idea apparentemente volgarotta. Ma nella freschezza dell’adolescenza, di assoluta ironia.
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