Sogno nel cassetto

Sogni
Ascolta la storia

Riproponiamo sul blog “Sogno nel cassetto” di Sonia Lettini, pubblicata sul n. 19/2017 di Confidenze, è la storia più votata dalle lettrici questa settimana sulla pagina Facebook

 

Si chiamano così i desideri che non si è riusciti a realizzare. Ma a volte per concretizzarli basta crederci e non aver paura di rimettersi in gioco. Io l’ho fatto e sono fiera del mio risultato.

Storia vera di Sofia C. raccolta da Sonia Lettini

 

Anch’io avevo qualche sogno nel cassetto, un cassetto che ormai non aprivo più da tempo, e che forse, presa da mille pensieri, avevo pure dimenticato, fino a quel giorno. Un giorno di dicembre di cinque anni fa, un giorno come tanti, con il solito tran tran della vita quotidiana: crescere un figlio da sola, un mutuo che non finisce mai, una casa e, grazie a Dio, un lavoro. Un piccolo trafiletto sulla bacheca aziendale parlava della possibilità di aderire a un progetto di riqualificazione professionale: si trattava di seguire corsi universitari per conseguire la laurea triennale in una facoltà a scelta. Un sorriso è apparso sulle mie labbra, per un attimo mi sono vista tutta intenta a riaprire quel cassetto rimasto chiuso da troppo tempo. Da giovane mi ero iscritta all’università, avevo frequentato qualche corso, ma poi avevo trovato un lavoro e così avevo rinunciato agli studi. L’idea di laurearmi però non mi aveva abbandonata, diventando il mio sogno nel cassetto, e quella mattina il cassetto si stava riaprendo. Sapevo già da chi andare a parlarne, i miei colleghi più vicini a me come interessi e modo di pensare: Patrizia, Nadia e Giovanni. Ero quasi sicura che sarebbero stati interessati anche loro. Ne abbiamo parlato, poco per la verità, perché abbiamo deciso quasi subito di buttarci in questa avventura. Certo, si trattava di un grosso impegno, ma l’idea di intraprendere questo percorso, insieme per di più, ci fece vincere la titubanza iniziale trasformandola in entusiasmo. Patrizia, anche se fu l’ultima a convincersi, diventò poi quella più sicura della riuscita: continuava a ripetere che l’unione fa la forza, che ci saremmo aiutati e sostenuti a vicenda e che, semmai la cosa fosse diventata ingestibile, l’importante era provarci. Dovevamo solo scegliere la facoltà: eravamo indecisi fra Psicologia e Giurisprudenza, alla fine la scelta ricadde su quest’ultima. E così iniziai. Alla mia età, non più ragazzina, avevo quarant’anni, rimettermi a studiare non era cosa di poco conto. Qualche esame andò storto, ma la forza e la voglia di andare avanti non vennero mai a mancare; passo dopo passo, esame dopo esame, il traguardo si avvicinava sempre di più e io ero sempre più felice di aver intrapreso questo percorso.

Dopo tre anni trascorsi a seguire lezioni, studiare su libri, scambiarsi appunti, finalmente stava arrivando il momento tanto atteso della conclusione degli esami e della stesura della tesi. Il tempo a disposizione mi sembrava davvero pochissimo, ma l’entusiasmo era davvero tanto. La data della discussione della tesi arrivò velocemente e gli ultimi giorni prima del grande evento furono i peggiori dei tre anni, esame di Diritto Commerciale compreso! Quell’esame, infatti aveva rappresentato per tutti gli studenti un ostacolo molto difficile da superare. Giorni strani, giorni pieni di timori e mille paure. Ero piena di dubbi: “Ce la farò, non ce la farò? Ma che ci vado a fare che non mi ricordo niente, e se faccio una figuraccia, e se faccio scena muta” e se… e se… In alcuni momenti mi rifiutavo perfino di prendere in mano la tesi, non riuscivo nemmeno a guardarla, nonostante la fatica di prepararla, completarla, figuriamoci se mi veniva di ripeterne il contenuto. Un blocco totale!

Non vedevo l’ora che fosse tutto finito, anzi in realtà avrei voluto saltare direttamente dal prima al dopo senza affrontare il durante. Insomma parliamoci chiaro, un esame orale è sempre un orale, se poi si tratta della discussione della tesi di laurea le probabilità che ti venga almeno un mal di pancia sono davvero alte.

La mattina della discussione non mi rendevo nemmeno conto di dove stessi andando, forse il fatto che dovevo recarmi a Roma mi confondeva e deconcentrava ancora di più, sembrava più una gita che una sessione di laurea. Vedere poi quella scalinata imponente e austera che avevo scorto in qualche foto non mi aiutava di certo. In segreteria c’era Giovanni, il mio collega, arrivato prima di me. Mi sembrava di essere in ufficio. Era già arrivata anche Patrizia, l’altra collega, coi suoi fantastici genitori. Nonostante avessimo viaggiato sullo stesso treno, per via del parentado accorso da ogni dove per l’evento straordinario, ci eravamo perse di vista nel tragitto fra la stazione e l’Università.

Patrizia in questi tre anni, non solo era stata di supporto a tutti noi con il suo sano ottimismo, ma aveva anche realizzato un altro sogno, un secondo figlio. Ce l’avevamo fatta, eravamo insieme anche per la tesi. In segreteria poi mi aspettava per gli ultimi dettagli la mitica e inimitabile Manuela, la mia relatrice, una professoressa giovane e solare che ama i suoi studenti un po’ attempati e che ha il dono di mettere tutti a proprio agio. Mi ha chiesto se mi sentissi pronta. La mia risposta? Un secco: «No». E così il vuoto mentale che avevo si è svuotato ancora di più! Lei mi ha sorriso e incoraggiata dandomi appuntamento per il primo pomeriggio.

Sì, ho pensato, per ora è meglio andare a mangiare una bella spaghetttata cacio e pepe e berci su un goccio di vino che magari mi scioglie un po’. Dopo aver mangiato sono riuscita perfino ad andare, di corsa, a vedere la Fontana di Trevi. Ogni volta che vado a Roma effettuo il rito, forse banale ma per me simpatico, del lancio della monetina. In quei giorni però la Fontana era in restauro e la monetina è rimasta nel portafoglio perché non c’era nemmeno l’acqua. Allora, un po’ delusa, mi sono messa a correre verso l’Università e così è cominciata la vera ansia, mi sono resa conto che quella provata nei giorni precedenti, al confronto, era niente. Nell’attesa la mia mente cercava di ripetere qualcosa ma non ne usciva nulla di nulla. Il buio più totale. Anche confidare nella solita adrenalina mi sembrava ormai un miraggio.

Hanno cominciato a chiamarci, uno per uno. C’era un caldo in quella sala del quinto piano nonostante fosse novembre inoltrato, un caldo che scioglieva tutto tranne l’agitazione che invece saliva e ci gelava sempre di più. Arriva il turno di Patrizia, la prima di noi tre, “grande” come solo lei sa essere! Si concretizza così la prima Dottoressa. Dopo qualche altro candidato arriva il mio turno. Dal quel momento, mentre il professore parlava e mi faceva domande, seppur l’agitazione fosse sempre lì in agguato, mi sono concentrata solo su di lui e Manuela, la mia relatrice e, magicamente l’adrenalina è riapparsa restituendomi l’uso dell’intelletto e della parola. Provavo una sensazione di sicurezza, di carica, soddisfazione. Vedere il mio sogno realizzarsi parola dopo parola è stato un momento unico. E anche se all’inizio avrei preferito saltare dal prima al dopo senza affrontare quello che c’è in mezzo, ora in tutta sincerità, posso affermare che il “durante” è stato il momento più bello ed emozionante! E c’era pure la professoressa di Diritto Commerciale in commissione. E Giovanni? Essere l’ultimo dei candidati non gli ha impedito di mostrarsi, come sempre, superlativo. Alla fine, l’agitazione passa, la laurea resta! E il sogno dal cassetto ne è uscito fortificato,  si è concretizzato, ho raggiunto il mio obiettivo, mi sono rimessa in gioco e ce l’ho fatta. Di questo devo anche ringraziare la mia famiglia che mi ha sostenuta e incoraggiata anche quando mi sembrava difficile farcela. E poi mio figlio Daniele, meraviglioso, nonostante mi ripetesse spesso «ma chi te lo fa fare?», mi ha sempre elogiata e appoggiata anche quando, per non sottrargli del tempo, ascoltavo le lezioni e studiavo vicino a lui.

Da allora sono trascorsi due anni, nel frattempo ho deciso di continuare con la Magistrale e ormai manca poco per rivivere nuovamente quell’emozione. I sogni non rimangono sempre chiusi in un cassetto, alle volte prendono il volo e ti portano lontano, basta crederci e non aver paura di provare e di rimettersi in gioco.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Confidenze