Uno spazio per te


MARIUCCIA "LA GATTA MIA"

di TERESA AVERTA

“MARIUCCIA” LA GATTA MIA «La funzione del gatto è di essere un totem moderno, una specie d’incarnazione emblematica e protettrice del focolare, un riflesso benevolo di quello che sono gli inquilini della casa.» diceva Muriel Barbery. E ha ragione la Barbery nel suo scritto perché è stato proprio questo, la gatta siamese Mariuccia, per mia madre e per la sua famiglia, “una vera compagnetta del focolare”. Si tratta di una gatta meravigliosa di nome Mariuccia, vezzeggiativo del nome di mia madre Maria, che è stata la sua inseparabile e fedele amica negli anni che vanno dal ‘50 al ‘66. Questa “preziosa e cara figlioletta” nata nel 1950 e morta nel 1966, ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore della mia mamma e nella sua casa.La morte di un animale domestico non è una cosa da nulla e genera un lutto che non va in alcun modo sottovalutato, checché ne pensa la gente, che non ne ha mai fatta esperienza. E la storia di quest’animaletto è davvero singolare. Non è stato facile entrare nel dialogo con mamma Maria, senza passare, attraverso il coinvolgimento di sussulti emotivi, e così poter ricostruire ciò che ha segnato sedici anni e più di convivenza con la stupenda pelosetta Mariuccia. Ho dovuto risalire a quest’avvenimento che ha suscitato tanta commozione in lei, in punta di piedi nell’anima… affinché potesse sbloccarsi e raccontare la storia straordinaria di questa stellina a quattro zampe.-Era bellissima! E mentre penso a lei, mi si stringe ancora il cuore … dice mia madre mentre guarda insieme con me una vecchia foto ingiallita dal tempo, dove è ritratta la sua Mariuccia.E con gli occhi rivolti verso la finestra della cucina che dà nell’orto, una lacrima le solca il viso per la sua amata gatta che non c’è più, e continua:- Era una parte di me, è così sarà per sempre! Aveva un carattere bellissimo! Dicono che il gatto è molto individualista e opportunista. Ma lei è stata sempre buona e generosa, e non veniva solo per mangiare. Mi cercava sempre, si alzava su due zampe per essere presa in braccia, e ogni volta che lo facevo, se ne approfittava per stirarsi tutta. Mi stava sulle spalle, mi baciava, mi annusava e mi piaceva tantissimo. Le permettevo di fare di tutto, anche se ogni tanto mi graffiava con le sue unghie. Lo faceva per troppo Amore! Era la padrona in casa, anche se dormiva in giardino per motivi di spazio. Era un membro ufficiale della famiglia, tanto che era considerata da tutti noi come una figlia.Di notte mi chiamava, sempre, accucciata davanti alla finestra, per entrare, e anche se aveva fame, preferiva prima coccolarmi e farmi le fusa! O se qualche volta tornava bagnata dalla pioggia improvvisa, miagolava come per lamentarsi, ma era contenta di ritornare a casa. Era amica di tutti, anche dei nostri vicini! Era una gran giocherellona e attirava tutti i bambini del quartiere.Il nostro incontro avvenne durante il caldo di una solare giornata di luglio, mentre mi ritiravo dal lavoro, davanti alla piazzetta del Cinema/Teatro Valentini della mia città. Camminavo spedita perché era l’ora di pranzo, ma a un tratto, sentii miagolare forte, e mi girai, di scatto, per vedere da dove provenisse quel lamento. Guardai dietro di me ma non c’era nessuno. Poi ripresi a camminare, e si udì, ancora, miagolare più forte dal lato destro della strada, accanto al deposito del cinema, che si trovava vicinissimo a me. Mi fermai per controllare meglio… e questa volta vidi qualcosa che si muoveva in lontananza, in una scatola, ma non capii subito cosa fosse. Il mio istinto mi fece precipitare laggiù, dove trovai una scatola di cartone, guardai dentro e vidi la gattina accasciata, come un piccolo carbone ardente dagli occhi d’erba secca. Povera creaturina mia!-esclamai. Mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcuno; chiesi a qualche passante se la gattina appartenesse a qualche persona o famiglia della mia città, ma nessuno sapeva nulla. Evidentemente era stata abbandonata. Emozionata e dispiaciuta la presi in braccio e me la portai a casa! Gli animali non si abbandonano ed io la adottai. Mariuccia, da quel giorno, divenne mia figlia.La sala del Cinema Valentini della mia città si trovava nella piazzetta antistante alla via che dovevo imboccare per recarmi a casa, e percorrevo ogni giorno quella strada. Io non la volevo, io almeno non la volevo tanto quanto lei voleva me. Io sognavo un gatto bianco, marroncino, invece lei era d’argento. Portai a casa quel sacchetto d’ossa, mezzo morto, e mentre la guardavo iniziare a vivere… la chiamavo Mariuccia, (piccola Maria) proprio come me. Dopo dieci giorni, quegli occhietti si sono riaperti di una luce nuova e finalmente entrò nella nostra casa Mariuccia, la gatta d’argento. Nei giorni precedenti era stata immobile tanto quanto fu mobile dopo. Una piccola birbantella impazzita che saltava a destra e a manca, si rotolava nell’orto e distruggeva tutto. Non avevo mai avuto una gatta così, che “avesse l’argento vivo addosso”. Ho passato notti a seguirla per le strade di Monteleone, pomeriggi a salvare topi e lucertole nell’orto dei nonni, mattine a incollare soprammobili rotti, a controllare la vetrina del soggiorno “ca sinnò donna Mica a jettava javanzi” E più, di una volta, avrebbe desiderato farlo. Ma poi si pentiva perché anche la nonna le voleva un gran bene.In poco tempo imparò ad aprire le porte saltando sopra alla maniglia, favorendo la sua fuga e quella di un gatto che fino a poco tempo prima temeva anche solo il cigolio del cancello dell’orto. Le avevamo insegnato a stare con le persone, rendendo l’ora di cena una vera e propria riunione di famiglia perché da noi si usava così… ed era anche lei attenta “ai fattareji da casa”. Era molto bella, col pelo lucido e morbido, sempre pulita e profumata. Io sono sempre stata fissata con la pulizia e figuriamoci con l’igiene degli animali! Non era possibile spiegare cosa facesse alle persone tanto era ruffiana e tenerona. Era impossibile non innamorarsi immediatamente di lei; pensate che fu perdonata anche dal parroco della chiesa di san Leoluca, che la trovò, un giorno ad abbeverarsi nella vaschetta dell’acqua santa quando ci venne a benedire la casa. Quando ormai c’eravamo rassegnati alla sua vivacità, ecco che un giorno, si sveglia con una luce nuova negli occhi. Il suo manto era pulito e soffice come velluto, ad ogni passo cangiava sotto la luce del sole. I suoi occhi erano di un verde brillante, come l’erba dopo una tempesta. Ha iniziato a vivere di noi, non ero più io che la cercavo ma lei che miagolava alla porta. Dopo notti passate ad abbracciare il buio, nei punti in cui di solito si nascondeva, ecco la sua sagoma spiaccicata alla finestra con l’intento di farsi aprire il più rapidamente possibile. Dio che tristezza e quanta nostalgia a ricordarla, cara figlia mia! Mamma visibilmente commossa, non riesce più a continuare… ma credo che la gatta d’argento, a quanto pare, dal racconto meraviglioso di mia madre, amasse la presenza di qualsiasi essere umano le gravitasse attorno, e allontanarsi senza avvertirla era il dispetto più grande che a lei si potesse fare. Mariuccia doveva essere partecipe a tutti gli eventi belli e brutti della vita familiare: matrimoni, funerali, compleanni e feste ricordate. Era sempre attenta sia se si trattasse di affetti, amicizie ed eventi strettamente familiari o di sport, giardinaggio, cucina e hobbies cui si dedicavano tutti i membri della nostra famiglia.Incredibile quanto lei sia stata tutto ciò che voleva mia madre e lei neanche lo sapeva. Non sapeva, quando in lei è nato silenzioso e misterioso, il suo nome, e che Mariuccia, un giorno, sarebbe stata davvero la sua ombra, la sua compagna di vita. La sua scomparsa è stata tragica e dolorosa per mamma Maria e per tutti in casa. C’è stato un vero e proprio lutto per loro… era davvero andato via un “pezzo importante” della famiglia.Non vi nascondo che mi ha emozionato molto questa pagina di vita, poiché mi sono affezionata anch’io a questa gattina, che non ho conosciuto, personalmente, ma che attraverso il ricordo di mia madre, è diventata a me cara. Una stellina di luce meravigliosa che si era spenta quaggiù per andare a brillare lassù per sempre.

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