Odore di Povero: Parasite

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Ho visto il film del sudcoreano Boog Joon – ho, che ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes 2019 e l'ho trovato un capolavoro: è la rappresentazione dell'abisso medioevale che si è creato tra ricchi e poveri

Parasite (Parassita), il film del sudcoreano Boog Joon – ho, mi costerà forse una polmonite. Mentre andavo a vederlo sono stata colta da un tale rovescio di pioggia che sono arrivata al cinema con gli abiti e le scarpe tutti bagnati. Mi sono seduta e ho pensato io me la filo e corro a casa ad asciugarmi, sennò sono fritta. Ma dopo dieci minuti di film, ero così attanagliata che ho deciso di rischiare la pelle (il film dura due ore e venti), tanto era bello.

Il regista definisce la sua opera Una farsa senza clown, una tragedia senza cattivi, dove tutto porta a un groviglio di violenza e a un tuffo a capofitto giù dalle scale. Ed è anche la rappresentazione più originale, ironica e apocalittica dell’abisso medievale che si sta creando fra ricchi e poveri.

La famiglia Kim, padre- madre- un figlio e una figlia, vive in un sottoscala miserabile con la finestra sotto la strada, lordata senza scrupolo dai passanti, che (alla lettera) gli pisciano in testa. Sono affamati e privi di tutto. Ma sono molto intelligenti. Il figlio Kin-woo e la figlia Ki-jung sono due maghi del computer, e in rete hanno studiato come matti.

Un amico benestante procura a Kim-woo delle lezioni d’inglese a una ragazza ricca, la figlia dei signori Park, capitalisti eleganti. Dalla tana maleodorante dove vive, Kin-woo si trova in una villa con le pareti di vetro su un parco meraviglioso, con due padroni casa raffinati, infatuati dell’arte, genitori anche di un bambino viziatissimo, che credono un genio della pittura.

Kin-woo si inventa che la sorella è insegnante d’arte per bambini superdotati, e la fa assumere, fingendo che sia un’estranea. Ma il piano di conquista è appena cominciato. Kin-woo e sua sorella capiscono come i padroni di casa, sicuri del loro privilegio, immersi nella cultura, protetti dal benessere, siano facilmente ingannabili. I due hanno un piano per invadere il territorio. E riescono con colpi bassi e geniali a far licenziare l’autista e la governante, e a farli sostituire dal padre e dalla madre, sempre fingendo di non conoscersi.

Fin qui è una commedia molto divertente. Ma poi, vengono fuori dei rivali più poveri di loro, che stanno lavorando nella stessa direzione…e lì la lotta si fa feroce, e scorre il sangue. Non dirò altro per non rovinare la sorpresa a chi vedrà il film (oggi c’è quella parola odiosa, spoiler, inventata per non danneggiare un “prodotto”, come si considerano ormai anche  le opere più alte, e a darle retta non si racconterebbe mai niente). Posso solo dire che è un affresco potentissimo, e l’allagamento del quartiere povero con la rottura delle fogne, la famiglia Kim che arranca nell’acqua alta fino alla vita come fossero topi, rappresenta in maniera indelebile la condizione dei diseredati, e per quanto cinici siano i protagonisti, capisci il loro disperato tentativo di tentare la sorte con ogni mezzo.

C’è un dettaglio, un dettaglio che vale il film: l’impeccabile signor Park, uomo estremamente civile che tratta bene tutti, senza ombra di classismo, poi si rivela quando riconosce al fiuto il suo autista, Kim padre- sente il suo odore- odore di povero- l’odore di un’altra specie.

Se una persona attempata e cagionevole come me se ne sta a guardare il film zuppa di pioggia per quasi due ore e mezza senza accorgersene, vuol dire che la Palma d’oro vinta da Parasite a Cannes è proprio meritata, come il successo di pubblico e l’entusiasmo della critica, e che Bong Joon-ho è un maestro del cinema davanti al quale inchinarsi.

 

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