Attacchi di fame? Fatti queste domande

Natura
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Ci sono tante ragioni dietro il bisogno impellente di mangiare. La maggior parte di loro non ha niente a che vedere con la vera fame. Scopriamo allora quali sono le cause reali

Mangiucchiate compulsivamente tutto il giorno? Quando non avete a portata di mano qualcosa da sgranocchiare vi innervosite? Arrivate a casa con una fame da lupi e vi scaraventate sul frigo?

Se qualcuno di questi o simili scenari vi suona familiare, quello di oggi è l’articolo che fa per voi.

 

Sono tante le possibili ragioni per cui ci si sente affamati più spesso del normale, a volte anche a breve distanza dalla conclusione dei pasti. La maggior parte di tali ragioni non ha niente a che vedere con la vera fame, ovvero con il naturale bisogno di nutrienti e calorie.

 

Per imparare a controllare gli attacchi di fame è necessario interrogarsi a fondo sulle cause che li scatenano. Provate allora a rispondere a queste domande, verificando se vi riconoscete in una o più delle seguenti situazioni, che sono tra le più frequenti. Se poi da soli non riuscite a risolvere, rivolgetevi a un nutrizionista, che sarà senz’altro in grado di aiutarvi, soprattutto se opera con una logica veramente olistica e integrata.

 

Non mangio abbastanza?

Questa non ve l’aspettavate, vero? Eppure, per quanto possa sembrare paradossale, il primo aspetto da valutare quando si soffre di “inspiegabili” attacchi di fame è se i pasti sono correttamente composti, da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Saltare il pranzo o mangiare a mezzogiorno solo due crackerini, o uno yogurt, non vi farà dimagrire e avrà anzi l’unico effetto che, al rientro dall’ufficio, avrete voglia di… sbranare anche le gambe del tavolo! Per giunta, ricorrerete probabilmente ad alimenti di dubbia salubrità, quando non a vero e proprio cibo spazzatura (biscotti, patatine, altri snack industriali, salumi ecc.). Questa non è fame nervosa, è fame reale. Per non soffrirne bisogna semplicemente mangiare meglio e senza rinunciare né a proteine, né a grassi, né a carboidrati, come certe, sconsiderate, diete alla moda invitano a fare.

 

Vivo un periodo di stress o stanchezza?

Dal punto di vista biologico, il corpo “interpreta” i periodi prolungati di stress – di qualunque genere (lavorativo, di coppia, familiare ecc.) – come una possibile minaccia per la sopravvivenza. E, in chiave evolutiva, quando la sopravvivenza dell’organismo viene messa a repentaglio, una delle azioni più importanti da compiere è nutrirsi, mettere via scorte in vista di possibili periodi di difficoltà. In queste circostanze, infatti, la produzione di ormoni che spingono alla ricerca di cibo (cortisolo, grelina) aumenta e così cresce il senso di fame. Analogo fenomeno si verifica quando siamo cronicamente stanchi e persino se non dormiamo bene o a sufficienza. In caso di qualità del riposo non soddisfacente, entra pure in gioco un’altra molecola, la leptina, l’ormone della sazietà, i cui livelli calano, aumentando in tal modo l’appetito.

 

Mangio troppo zucchero e cereali raffinati?

L’insulina è un importantissimo ormone prodotto dal pancreas, responsabile dell’ingresso nelle cellule del glucosio. Lo zucchero, i dolci e i cereali raffinati (pasta, riso, pane e altri prodotti da forno “bianchi”, ovvero privati della fibra), oltre a saziare poco, provocano rapidi picchi di glucosio nel sangue, che richiedono un intervento massivo dell’insulina per abbassare in fretta la glicemia. Il cervello però percepisce i diminuiti livelli di zucchero nel sangue e li interpreta erroneamente come una necessità di mangiare, mentre invece si tratta semplicemente della conseguenza fisiologica dell’intervento “a gamba tesa” dell’insulina. L’ingestione di altro cibo della stessa natura non fa altro che perpetuare un circolo vizioso, che rende costantemente affamati.

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