Riproponiamo sul blog la storia più apprezzata del n. 15 di Confidenze
Amavo disperatamente l’unica donna che non potevo avere, sembrava destino che ci fosse sempre qualcosa o qualcuno a interferire con noi, a dispetto del tempo e della lontananza. Quella mattina però decisi che non ero più disposto a perderla ancora
STORIA VERA DI VITTORIO G. RACCOLTA DA CARMELITA FIORETTO
Avolte mi sembra davvero incredibile che alla ne tutto si sia risolto così, a riprova che nella vita può succedere qualsiasi cosa, come e quando meno ce lo aspettiamo. Eppure, per troppo tempo ho creduto che non ci fosse alcun rimedio al fatto che avevo scelto la donna sbagliata.
Il primo errore è stato non tenere in alcun conto il giudizio dei miei genitori. A loro Monica non è mai piaciuta. Credo che abbiano sperato sino all’ultimo che avrei finito per disamorarmene e lasciarla. Io, che ne ero completamente cotto, mi irritavo per la freddezza e il distacco con cui la trattavano quando la portavo a casa nostra. Li accusavo di essere superbi, spocchiosi, di non accettarla solo perché non era del nostro ambiente, perché la nostra famiglia era benestante mentre la sua non lo era affatto, perché io ero architetto, come mio padre, e lei invece faceva la commessa in un negozio di scarpe. Quelle differenze economiche e sociali non avevano alcuna importanza per me.
L’ho conosciuta un’estate, in discoteca, a Forte dei Marmi e sono rimasto subito fulminato dalla sua bellezza, irretito dalla sua sensualità. Monica era davvero splendida, con il corpo statuario, le labbra turgide e morbide e gli occhi verdi, un po’ da gatta. Sono rimasto stupito e lusingato che, tra tanti che le ronzavano intorno, preferisse me. Ho perso completamente la testa per lei. Almeno per qualche tempo. E l’opposizione, le critiche dei miei genitori non hanno fatto che aumentare il mio innamoramento, il mio desiderio. Monica si è integrata quasi subito tra i miei amici, nel mio mondo. Faceva di tutto per essere simpatica, per piacere e sapeva usare bene il proprio fascino.
Quanto ai suoi genitori, avevo la sgradevole impressione che se ne vergognasse un po’ e la cosa mi sconcertava. Sospettavo fosse perché entrambi lavoravano in fabbrica, come operai, e perché vivevano in un quartiere popolare. Io trovavo che il loro appartamento, benché piccolo, fosse più caldo e accogliente di quello elegante in cui vivevo con i miei. Mi piaceva molto andare a prendere Monica almeno una mezz’ora prima di quanto avevamo concordato, per poter assaggiare i deliziosi biscottini alla cannella che preparava sua madre e chiacchierare un po’ con suo padre e con sua sorella Lara, maggiore di lei di tre anni.
Con Lara condividevamo molti interessi. La musica, la lettura, i lm e l’arte. Ci scambiavamo libri e poi ne discutevamo. Conversare con lei era arricchente, stimolante.
Invece, con Monica non parlavamo molto. Non di cose profonde almeno. A lei interessavano la moda, lo shopping, il gossip, ma soprattutto se stessa. Eppure, anche se già notavo queste cose, continuavo a esserne stregato. Quando le stavo vicino, quando mi avvolgeva con il suo profumo, non riuscivo a pensare a nient’altro che non fosse fare l’amore con lei.
Una sera, ho trovato Lara in lacrime. Due giorni prima aveva trovato un gattino malconcio in un bidone della spazzatura. Lo aveva raccolto, portato a casa, curato, nonostante il veterinario non le avesse dato molte speranze. Infatti, la povera bestiola era morta poco prima del mio arrivo e lei ne era affranta. La sua sensibilità mi ha colpito così tanto che, d’istinto, l’ho abbracciata per consolarla. È stato allora che ho provato un’emozione strana, intensa che mi ha turbato profondamente.
«Che tragedia, è morto solo un gatto!» ha sbuffato Monica, già pronta per uscire, e allora noi ci siamo staccati l’uno dall’altra, con un sussulto.
Io mi sono sentito imbarazzato, ma anche confuso, stordito. Lì per lì ho deciso di non farci caso, era stata solo un’emozione senza importanza, ho deciso.
Tre giorni dopo però, quando sono andato come al solito a prendere Monica per portarla fuori e mi ha aperto Lara, per me è stato come ricevere un pugno allo stomaco e un altro al cuore. Ho provato l’impulso di afferrarla per un braccio e trascinarla via con me, lontano, senza saper neppure io dove e perché.
«Ciao» ha mormorato lei, senza guardarmi in faccia, e se n’è andata subito in camera sua.
Per parecchi giorni mi sono sentito disorientato, smarrito. All’improvviso, non era più sicuro di amare davvero Monica. Non facevo che pensare a Lara.
Ero straziato dai dubbi. Cercavo di capire bene cosa provassi, chi volessi. Monica o Lara?
Proprio in quel momento, mentre mi dibattevo nei miei dubbi, è successo qualcosa che non mi aspettavo: Monica mi ha annunciato di aspettare un bambino.
Quando un mio amico ha commentato che, così, mi aveva incastrato, non ce l’ho fatta ad arrabbiarmi con lui. In verità era proprio così che mi sentivo: incastrato e come se il mondo mi fosse franato addosso.
Poco dopo, Lara è partita per andare a trovare degli zii che vivevano in Australia. È stata via quasi un mese e mi è mancata terribilmente. Finalmente capivo di esserne innamorato ed era terribile, perché mi rendevo conto di non avere nessuna speranza.
Tornata dal viaggio, nel giro di due settimane, Lara si è messa con Fabio. Ero tramortito. Sapevo che era tanto che lui le andava dietro, ma lei non ne aveva mai voluto sapere. Com’è che all’improvviso aveva cambiato idea? «Perché ti stupisci tanto, scusa?» mi ha chiesto Monica. «Fabio è un bel ragazzo e ha un ottimo lavoro».
A me sembrava un tipo insulso. Interessato solo alla carriera, ai soldi, al calcio. Non poteva avere niente in comune con Lara. Lei meritava di meglio. Lei meritava me. ma era inutile anche solo pensarlo.
Monica e io ci siamo sposati con una cerimonia in grande stile come la desiderava lei, senza che io, che pure pagavo i conti, riuscissi ad arginarla, a negarle qualcosa. Ha sempre saputo come ottenere ciò che voleva. Ricordo di essere arrivato in chiesa nello stato d’animo di un condannato al patibolo. Quattro mesi dopo, è nato il nostro Matteo.
Nel giro di un anno si è sposata anche Lara. Ricordo il giorno del suo matrimonio come un incubo. La gelosia mi azzannava il cuore e mi sentivo infelice e impotente.
Meglio così, mi sono detto, quando Fabio è stato trasferito per lavoro in Germania. Speravo che la lontananza mi avrebbe aiutato, se non a guarire, almeno a convivere con quel mio amore impossibile. Del resto, la sofferenza non era continua, a volte la sostituiva un grande vuoto. L’unica luce nella mia vita era mio figlio.
Mi sono gettato nel lavoro. Intanto Monica, che ovviamente aveva smesso di lavorare, riempiva vivevano in Australia. È stata via quasi un mese e mi è mancata terribilmente. Finalmente capivo di esserne innamorato ed era terribile, perché mi rendevo conto di non
le sue giornate di shopping, cure di bellezza, palestra e mondanità. La trovavo sempre più superficiale, non la capivo proprio. Fuori dal letto, tra noi due non c’era alcun vero dialogo, alcuna intimità, alcuna intesa di anime. Rivedevo Lara soltanto quando veniva a trovare i suoi. Non restavamo mai da soli, però bastava che mi rivolgesse uno sguardo, un sorriso perché mi sentissi vibrare forte il cuore. Mi chiedevo se fosse felice con Fabio. Io con sua sorella non lo ero di certo.
Intanto, gli anni scivolavano via e a me sembrava di viverli solo a metà.
Un’estate, siamo stati invitati alle nozze di una cugina di mia moglie. Lara è venuta dalla Germania, ma senza Fabio. Monica, che indossava uno stupendo abito firmato, era ammirata da tutti. Io, però, non avevo occhi che per mia cognata. La trovavo deliziosa e, a starle vicino, mi sentivo emozionato come un ragazzino. Il ricevimento si è svolto nel giardino di un albergo sul mare. Gli invitati erano tantissimi. A un certo punto, un fratello della sposa mi ha bloccato in una conversazione che sembrava non avere ne. Io fremevo, perché l’orchestrina aveva iniziato a suonare e morivo dalla voglia di ballare con Lara. Quando sono riuscito finalmente a liberarmi, sembrava sparita. Non poteva essersene andata. Era ancora troppo presto e poi eravamo venuti con la mia auto. L’ho cercata un po’ dappertutto. Niente. Ho imboccato un vialetto a caso e mi sono ritrovato sulla spiaggia. Lei era lì, in piedi, a fissare il mare inargentato dalla luna piena. L’atmosfera era magica, quasi irreale.
«Lara» ho sussurrato, quando le sono stato accanto. Si è girata con un sussulto. Ci siamo fissati in silenzio, per un minuto lungo un’eternità. Poi, l’ho afferrata per la vita e l’ho attirata a me. Le nostre labbra si sono come fuse insieme, in un bacio appassionato, vorace, ardente. Il desiderio urlava dentro di me. Era un torrente in piena che rompeva gli argini. Lei, però, ha ceduto solo per pochi istanti.
«Lara, ti prego, amore mio» l’ho supplicata, quando si è divincolata per liberarsi dal mio abbraccio. Un attimo dopo correva via. Sono crollato in ginocchio sulla sabbia e ho urlato la mia frustrazione, la mia rabbia alla luna e alle stelle.
Quando ho trovato la forza di tornare alla festa, mia moglie mi ha comunicato che sua sorella se n’era già andata, accettando un passaggio da alcuni conoscenti.
Ho passato una notte atroce e insonne. Il mattino dopo, era domenica, sono andato a correre al parco sino a sfiancarmi. Alla ne, ho deciso che dovevo chiarirmi, spiegarmi con Lara. Le ho telefonato, seduto su una panchina. Prima di allora, non avevo mai avuto il coraggio di chiamarla, se non per comunicazioni pratiche, di famiglia.
Ha risposto dopo parecchi squilli. Era in aeroporto, mi ha detto subito, già al gate d’imbarco. Aveva anticipato la partenza. Allora le ho detto che l’amavo che l’avevo sempre amata e non avrei mai sposato Monica, se non fosse rimasta incinta.
«Ma ti rendi conto? Sei il marito di mia sorella» ha esclamato e poi ho sentito che piangeva e allora ho capito che mi amava anche lei.
Dopo quella, l’ho chiamata diverse altre volte. Quasi sempre non rispondeva, però quando lo faceva parlavamo a lungo, di tutto ma mai dei nostri sentimenti e se io tentavo di farlo, lei chiudeva.
L’amavo e riuscivo a spremere da quelle chiacchierate piccole gocce di gioia. Era poco, ma sempre meglio che niente. Era comunque un legame tra noi. Le con davo cose che non con davo a nessun altro. Con lei mi toglievo la maschera ed ero davvero me stesso.
All’improvviso, Monica si è ammalata gravemente ed è mancata in pochi mesi. È stato un brutto colpo. In fondo, le volevo bene e se avevo pensato tante volte di separarmi da lei non mi ero certo mai augurato che morisse.
Lara le è stata accanto negli ultimi giorni di vita ed era con lei quando è mancata. In quelle orribili settimane è stata molto vicina anche a Matteo e, invece, molto lontana da me. Mi sfuggiva. È ripartita subito dopo il funerale, senza che noi due ci fossimo parlati davvero. Non che pensassi di dirle qualcosa circa noi due. Non era certo quello il momento e poi ero davvero molto addolorato, scioccato per la morte di Monica e preoccupato per nostro figlio, che era già grande, ma molto provato da quella perdita.
È passato molto tempo senza che avessi contatti con Lara. Era come scomparsa definitivamente dalla mia vita. Non osavo chiamarla. Del resto, ritenevo che toccasse a lei farlo. Conosceva i miei sentimenti. Con Fabio non aveva avuto gli, quindi se restava con lui era perché, evidentemente, lo preferiva a me.
Mio figlio, a un certo punto, ha trovato una ragazza e ha deciso di convivere con lei. Io mi sentivo sempre più solo, abbandonato, arrabbiato.
“Al diavolo tutti” ho pensato a un certo punto e ho deciso di lasciarmi alle spalle la povera Monica e anche Lara.Volevo recuperare la mia vita e viverla.
Ho iniziato a frequentare dei siti d’incontri per single e a uscire con altre donne. Dopo tutto, ero un uomo libero. Trovavo facilmente compagnia, ma ho continuato lo stesso a sentirmi solo. La verità era che non mi interessava davvero nessuna, se non potevo avere l’unica donna che volevo, che amavo a dispetto del tempo e della lontananza. Se non potevo avere Lara. Quando ho conosciuto Claudia mi sono illuso che con lei potesse essere diverso. Divorziata, indipendente, grintosa, allegra. Un vero vulcano di donna. Eppure, dopo qualche incontro, ho capito che non avrebbe funzionato.
Claudia, però, non ha mollato nemmeno dopo che le ho palesato i miei dubbi. Non è tipo da darsi per vinta. Mi telefonava, mi cercava, mi proponeva di fare delle cose insieme ed era così insistente, che non riuscivo a dirle di no. Le sue attenzioni, il suo interesse per me mi lusingavano e mi tessevano intorno una sorta di ragnatela in cui mi trovavo sempre più intrappolato. Presto tutti hanno saputo della nostra relazione. «Hai tutto il diritto di rifarti una vita, papà» è stato il commento di Matteo.
Sì, certo ma perché mi sentivo così a disagio e infelice? E poi una sera una telefonata di Lara mi ha spiazzato. «È vero che hai una nuova donna?» sono state le sue prime parole. La voce le tremava.
«Che diritto hai di farmi questa domanda?» ho replicato brusco. «A te non è importato mai nulla di me».
«Non è vero» ha protestato. Sembrava sul punto di piangere. «Come fai a non capire? Ho sposato Fabio solo per dimenticarti, ma non ci sono riuscita. Quando Monica è mancata, è stato terribile! Ora potevo anche averti, ma a quale prezzo? Mi sentivo straziata dal dolore per averla persa. Avevo bisogno di tempo per elaborare il lutto e liberarmi dai sensi di colpa».
Ma quanto ero stato ottuso, insensibile, immaturo? E quanto lei era migliore di me!
Non la meritavo, ma questo non voleva dire che ero disposto a perderla ancora.
«Ho lasciato Fabio» ha aggiunto. «L’ha presa meglio di quanto mi aspettassi. L’ho fatto per te, ma tu hai già un’altra… Vuol dire che era proprio destino».
«No» ho esclamato. «No!».
Ho preso il primo volo del mattino per Francoforte. Mentre sorvolavamo le Alpi innevate, fremevo d’impazienza. Avevo paura che fosse tutto soltanto un
sogno. La sera prima, il chiarimento con Claudia era stato alquanto tempestoso. Capivo di aver sbagliato con lei, me ne pentivo ma non c’era alcun rimedio. Le auguravo che, dopo avermi odiato, avrebbe finito col sostituirmi con qualcun altro, come poi infatti è accaduto.
Lara sorrideva, quando mi ha aperto la porta. Siamo rimasti a fissarci per qualche secondo, mentre i nostri sguardi annegavano l’uno nell’altro, paralizzati dall’emozione. Ho spalancato le braccia e lei si è slanciata contro il mio petto. Ho affondato il viso tra i suoi capelli, ho aspirato il suo profumo e, prima di cercare le sue labbra in un bacio senza respiro, mi sono goduto quel momento di perfetta, insperata felicità. ●
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimi commenti