Con il baratto basta un’elegante stretta di mano

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Scambiarsi gli oggetti è una pratica abbastanza rara che io, invece, caldeggio. Perché penso che il baratto sia una formula molto, ma molto intelligente

La pratica del baratto è insita nella natura umana. Non ci credete? Provate allora a osservare i bambini quando giocano: mentre i maschi scambiano tra loro figurine e videogiochi super scialli, le femmine alternano passaggi di proprietà di vestiti e accessori per le bambole con la stessa nonchalance.

Il bello, poi, è che questi “giri d’affari” sono caratterizzati da un senso di giustizia granitico e da un’onestà al limite del commovente. Tant’è che quando si palesa il furbetto (o la furbetta) del quartierino, viene subito messo al bando. E se per caso il monellaccio osa perseverare nell’atteggiamento scorretto, è certo che non avrà scampo e che il suo futuro sarà la gogna.

Così, mosso da regole inconfutabili, livelli altissimi di moralità e da una logica che non fa una grinza, il mondo dell’infanzia si destreggia tra gli accordi con appagante armonia. Perché quello che manca a uno viene fornito dall’altro grazie, appunto, al baratto. Definito da Wikipedia “la prima forma di scambio commerciale di beni che avrebbe anticipato quello monetario”.

Se ve ne parlo oggi non è un caso: in un periodo economico difficile come quello che stiamo vivendo, questa antica formula è stata rispolverata Nella Venezia del baratto (che poi è l’articolo di Confidenze in edicola adesso, in cui è spiegato cosa sta succedendo sulla laguna).

A fronte di una nuova povertà e di tante necessità da soddisfare, un geniale commerciante della Serenissima ha aperto l’Angolo del riuso all’interno della sua tabaccheria/edicola. E lì, la gente può tranquillamente lasciare oggetti di cui non ha bisogno e portare via ciò che serve. Ovviamente, senza tirare fuori mezzo euro.

L’iniziativa del tabaccaio veneziano è da applauso. Quello che mi auguro, però, è che non finisca nel nulla appena rivedremo tempi migliori. Perché il baratto, a mio avviso, dovrebbe essere la regola per tutti noi.

Invece, nelle famiglie (anche le migliori) di solito è contemplato solo per i vestiti dei bambini. Che se passano dai figli maggiori a quelli arrivati dopo, una volta che la prole è cresciuta vengono proposti ai neonati delle amiche senza che nessuno si scandalizzi.

Non accade lo stesso, purtroppo, con altri beni. Infatti, l’imbarazzo di offrirli (sembra di fare l’elemosina) e quello di accettarli (ci si sente degli accattoni) bloccano scambi che renderebbero felici tutti.

Ricordo che quando i miei bambini sciavano, dovevano avere quattro paia di sci a testa (erano in una squadretta agonistica e questo era richiesto). Ma visto che ogni due anni passavano di misura, la nostra casetta della montagna rischiava di diventare una sorta di deposito nel quale non riuscivamo neanche a muoverci.

Eppure, nonostante avessimo proposto ad alcuni genitori in procinto di comprare l’attrezzatura nuova ai propri figli, di prendere la loro, nessuno aderiva.

Fino alla sera in cui un amico ha accettato senza tanti complimenti. E dopo cena se n’è andato via carico come Babbo Natale.

Il risultato? Lui ha risparmiato un sacco di soldi. Insieme siamo andati al ristorante suoi ospiti, passando una serata bellissima a costo zero (per noi). Tutti eravamo soddisfatti e con le coscienze a posto (una mano aveva dato e l’altra preso). E, soprattutto, lui ha evitato inutili sprechi, liberandoci finalmente il salotto.

Sì, perché se si mettono da parte remore e snobismo, il baratto è un’intelligente ed elegante forma di risparmio e di riorganizzazione degli spazi. Che si svolge rispettando regole, moralità e logica del magico e pulito mondo dell’infanzia. Cosa desiderare di più?

Confidenze