Donna al volante, libertà costante

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Guidare mi piace tantissimo. E con il volante in mano mi sento libera di fare ciò che voglio. Anche cambiare programmi all'ultimo, come quella volta che...

Nonostante per l’emozione mi tremasse talmente la gamba da non riuscire a tenere schiacciata la frizione, quando a 18 anni ho fatto l’esame per la patente ero sicura di passarlo. Perché, forse non come un pilota di Formula Uno ma almeno quanto un taxista, sapevo già guidare.

Così, dal giorno in cui la motorizzazione mi ha dichiarata idonea, è iniziata la mia carriera al volante, fatta di un numero infinito di chilometri macinati all’insegna della felicità. Tant’è che leggendo la testimonianza di una nostra lettrice, Ho paura di guidare (su Confidenze in edicola adesso), mi sono stupita.

Mettersi in macchina o muoversi in moto è un sogno che la maggior parte della gente coccola dalla più tenera età. Non a caso, fin da piccoli i bambini adorano giocare con i modellini. Mentre le femmine, che sbavano comunque per la Barbie, la preferiscono mille volte seduta sulla sua bella jeep, sul camper o sullo scooter.

Quali fossero i giochi dell’infanzia della lettrice Sabrina G. non è dato a sapersi. Invece, è certo che dopo una brutta esperienza alla guida  quando era ancora munita solo del foglio rosa, ha deciso di trascorrere il resto della sua vita da passeggera.

Il che è un’assurdità, visto che qualsiasi mezzo (a due o a quattro ruote che sia) è fondamentale per la propria libertà d’azione. Da giovani e anche più in là nel tempo.

Da teenager, infatti, partire di nascosto da mamma e papà in piena notte, arrivare al mare all’alba, mangiare una briosche appena sfornata e tornare a casa stanchi morti è un modo per ufficializzare l’emancipazione dalla famiglia. Mentre, da genitori, poter mandare all’aria una vacanza per non soccombere alla noia mortale e alla fatica allucinante è un’ottima via di scampo.

Tra i miei ripensamenti sulle settimane fuori porta per far respirare ai bambini qualcosa che non fosse smog, ne ricordo uno in particolare. Ero in montagna con il primogenito di 16 mesi, il piccolo di due e ritmi da follia. Quando uno si addormentava, l’altro si svegliava. Mentre allattavo il bebè, il “grande” ne faceva di ogni. Appena finivo di vestire di tutto punto entrambi, mi accorgevo che uno dei due pannolini messi da cinque minuti doveva essere cambiato.

Un mercoledì, sull’orlo di una crisi di nervi, ho caricato la prole in macchina con l’intenzione di stremarla tra le bancarelle del mercato. Dove con una mano avrei dovuto spingere la carrozzina con un bimbo dentro e l’altro aggrappato sul telaio. E con l’altra, tenere il guinzaglio del cane (la ciliegina sulla torta).

Morale, arrivata al posteggio ho scambiato quattro chiacchiere con una conoscente mentre tiravo fuori dall’auto bambini, carrozzina e sporta per la spesa. Ma quando si è palesato anche il cane e alla tipa è scappato un patetico «Poverina» (rivolto a me), ho ringraziato di non aver mai avuto problemi al volante.

Infatti, ho ricaricato immediatamente in macchina bipedi e quadrupede, ho acceso il motore e come un razzo me ne sono tornata a Milano. Subito. Immediatamente. Senza pensarci un nano secondo. Mentre se fossi stata Sabrina G. avrei dovuto aspettare l’orario di partenza dell’autobus. Se non è libertà questa….

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