Il Long Covid ci ha stonati come chitarre scordate

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Anche i fortunati che non sono si sono beccati il Covid non stanno benissimo. Almeno psicologicamente, infatti, siamo tutti un po' stonati

Sul numero di Confidenze in edicola adesso, l’articolo Sai che cos’è il Long Covid? parla dei disturbi fisici di cui l’80% dei colpiti dalla malattia continua a soffrire anche dopo l’esito negativo del tampone: tosse forte, spossatezza da sfinimento, mancanza di gusto e affanno.

La definizione Long Covid, però, è spesso usata anche per indicare gli effetti psicologici del virus, che coinvolgono le persone che non l’hanno contratto. Ma che, pur sane nel corpo, emotivamente vacillano. Perché stremate dal lockdown stretto del marzo 2020. L’obbligo della mascherina. Lo sgretolamento della speranza di tornare alla normalità in tempi ragionevoli. La violenza della seconda ondata l’autunno scorso (arrivata silenziosa anche se annunciata a gran voce). L’ansia da vaccino. E, ciliegina sulla torta, le folli diatribe sul green pass.

Certo, rispetto a finire intubati tali dettagliucci appaiono quisquilie. Ma se è vero che l’essere umano si abitua e si adatta a qualunque situazione, è innegabile che questa esperienza è stata (ed è ancora oggi) dura. Tant’è che ormai siamo tutti in balia di un malessere mentale che ci fa sentire stonati.

Ho scelto questo aggettivo, che ho sentito uscire dalla bocca di un amico, perché a mio parere è il migliore per descrivere lo stato d’animo che ci accompagna da troppi mesi. Infatti, superata l’incredulità dell’inizio pandemia, ognuno di noi ha cercato il proprio modo per far fronte all’improvviso stravolgimento della quotidianità. Così, anche la gente più equilibrata è andata un po’ fuori fase, come una chitarra scordata (e, appunto, stonata!).

Per fare qualche esempio, c’è chi, da pigro, di colpo è diventato frenetico o viceversa. I paurosi, super coraggiosi. I calmi, facili all’isteria. I solitari a oltranza, desiderosi di socialità fino allo spasmo. Gli infoiati di lavoro, professionalmente apatici. I maniaci della forma fisica, attratti solo dal divano. I salutisti convinti, allettati dal cibo spazzatura.

Insomma, dopo averci (nell’ordine) imprigionati nelle nostre case per due mesi, spinti a pensare di morire tutti quanti e, poi, gettati nell’incertezza dei prossimi cinque minuti, ora il Covid ci vede nello stato di ebbrezza che dà uno Spritz bevuto a stomaco vuoto. Cioè, abbastanza alticci da cercare un appiglio per rimanere in piedi.

Morale, la nostra “nuova” vita è spesso scandita da estremismi dettati da odi e passioni inediti. Tant’è che se la madre di famiglia ha deciso di abbandonare i fornelli, la single si è trasformata in una sorta di Nonna Papera tutta torte e dolci impasti. E se la fashion addicted indossa tranquillamente i capi di due stagioni fa, la meno interessata alla moda si dedica allo shopping compulsivo.

Come dire? Sembra che chi ha avuto la fortuna di non finire in terapia intensiva festeggi comportandosi in modo stonato rispetto a prima. Senza fare niente di grave né male a nessuno, per carità. Ma palesando sintomi lampanti del Long Covid psicologico.

Se anche voi vi riconoscete in panni inediti, però, vi consiglio di non preoccuparvi. Perché sentirsi strambi, diversi dal solito e con nuovi interessi può aiutare moltissimo a reggere ancora.

E visto che tra numeri e previsioni i dati non sono assolutamente confortanti, vi saluto e me ne vado a cercare un po’ di pace emotiva in cucina. Io, che fine al febbraio 2020 non avevo la più pallida idea di quali ingredienti servissero per preparare un soffritto. Ma che oggi, stonata come una chitarra scordata, trovo conforto nel triturare e imbiondire cipolle.

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