La mascherina ai tempi del Covid

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Dà fastidio e rende difficile respirare. Eppure, in questo mondo impazzito indossare la mascherina ci può essere di grande aiuto. Mettiamola!

Sul numero di Confidenze in edicola adesso ci sono sia l’articolo A una donna che rifiuta la mascherina, sia un servizio di bellezza, Su la maschera, che invita a indossarla sempre (magari concentrandosi sul trucco degli occhi, visto che questo accessorio li mette in risalto).

Le due posizioni diametralmente opposte non sono il frutto di un errore redazionale, anzi. Sono volute, per sottolineare la confusione che ormai regna sovrana in tutto il mondo e che sta scatenando correnti di pensiero a 360°.

Quello che è innegabile, infatti, è che la seconda ondata di Covid ha creato un marasma di opinioni di ogni genere. Tant’è che il Pianeta, oggi, non è diviso fazioni ben precise (destra e sinistra, carnivori e vegetariani, sportivi e pigroni, milanisti e interisti), ma completamente frastagliato. Quindi, più che mai caotico.

La prima a essere frastornata è la Donna che rifiuta la mascherina. Convinta che sia indispensabile rispettare le norme contro la pandemia, perciò ligia nei comportamenti, ce l’ha a morte con il dispositivo ritenuto il più formidabile per evitare che il virus si diffonda a macchia d’olio. Il che è un totale controsenso.

D’altronde, la signora non è l’unica in balia di frustrazione e stanchezza per la situazione, oltre che combattuta sul da farsi. Alzi la mano chi non si sveglia tanto angosciato quanto desideroso di sbattersene del Covid e tornare alla vita di sempre. E la alzino anche coloro che sono riusciti a capire chi la sta raccontando giusta e chi no.

Di certo c’è che, bombardati dalle notizie più disparate ma comunque drammatiche, vorremmo tutti fermare il mondo e scendere. Peccato, però, che per quanto affollato il globo non sia una metropolitana dalla quale si possa saltare giù. Quindi, l’unica soluzione è armarsi di tanta pazienza, fare un respiro profondo (a distanza di sicurezza, ovviamente) e tentare di andare avanti con coscienza e incrociando le dita.

Facile a dirsi, ma non a farsi, lo so. E probabilmente lo sa anche quella folla che il weekend scorso, a Cervinia, si è pigiata in un’assurda coda per prendere una funivia.

Se tiro fuori il fattaccio, non è un caso. Scio da quando sono bambina, sono pazza di questo sport e aver dovuto appendere gli attrezzi al chiodo il tristemente famoso 7 marzo 2020 è stato un duro colpo.

Ecco perché, vedendo quello che è successo in Val d’Aosta l’altra settimana, sono stata colta da un avvicendamento di emozioni: all’inizio ho provato una grande invidia per chi era lì. Poi, è subentrata l’indignazione nei confronti di gentaglia irrispettosa del rischio di contagio. Infine, mi sono chiesta se non avessero avuto ragione loro. Visto che gli impianti erano aperti, perché avrebbero dovuto perdersi l’occasione di una bella giornata sulle piste?

Ecco, tra i tanti problemi c’è anche che, oltre alle tragedie, il Covid ha portato con sé indicazioni e imposizioni talmente paradossali e contrastanti da aumentare il disagio collettivo. Così, mentre televisione, giornali e social informano e smentiscono, snocciolano numeri incomprensibili da decifrare, allarmano e tranquillizzano, la gente si interroga sul perché ai loro figli è proibito tirare due calci al pallone mentre i giocatori possono scendere in campo.

Dove andremo a finire? In attesa di capirlo, esorto la signora a indossare la mascherina anche se la detesta. Lo facciamo tutti, compresi noi che portiamo gli occhiali, destinati ad appannarsi appena appoggiamo il dispositivo sanitario sul viso. Il dettaglio ci porta in un nano secondo a navigare nella nebbia più intensa. Ma a volte mi chiedo se, in questo periodo, non riuscire a vedere più in là del nostro naso non sia una vera pacchia.

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