Non voglio vivere al mare, ma sul mare!

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Detesto luglio e agosto, ma amo il mare a 360°. Lo amo così tanto, che voglio proprio starci sopra. E vivere come un marinaretto perfetto

Odio l’estate ma adoro il mare. E chi pensa che l’affermazione sia incoerente, si sbaglia alla grande. Perché se a mio avviso il calendario dovrebbe avere doppio giugno, doppio settembre e totale assenza di luglio e agosto, mesi che non sopporto, potrei invece trascorrere la maggior parte dell’anno a bordo di un qualsiasi tipo di imbarcazione.

Più che al mare, infatti, a me piace vivere proprio sul mare. Fortuna che ho avuto per anni e che mi ha insegnato ad amarlo e rispettarlo per la sua calma e la forza. La tranquillità e il pericolo. I piccoli aneddoti e le grandi leggende che lo riguardano.

Il babbut aveva un gozzo sul quale mettevamo piede appena finiva la scuola, per scendere al momento di tornare in classe. Quindi, in compagnia di Adriano, passavamo le vacanze imparando (e mettendo a frutto) le regole della vita di bordo.

Ve lo racconto per spiegarvi come è nata la mia irrefrenabile Passione marina. Ma anche per segnalarvi un servizio su Confidenze in edicola adesso, che porta questo titolo e propone complementi d’arredo in stile navy.

Torniamo, però, alle barche. Quando se ne parla, i puristi intendono degne di nota solo quelle a vela. Dimenticando che il gozzo (originario della Liguria e della Campania) rappresenta invece il mezzo dei veri uomini di mare. Ovvero, dei pescatori che nella Storia sono sempre usciti dai porticcioli per procurare cibo agli abitanti dei loro paeselli. Incuranti delle stagioni e delle condizioni climatiche.

Lo stesso (ovviamente in versione vacanziera, molto più soft) succedeva anche a noi. Che abbiamo navigato di giorno e di notte. Con la bonaccia e la tempesta. Le onde di prua e di poppa. Percorrendo rotte brevissime e affrontando traversate che non finivano più.

Di quei periodi, ricordo in modo nitido l’emozione di intravvedere la costa dopo ore e ore in mare aperto. La gioia di buttare l’ancora e tuffarsi subito. La libidine di risalire e addormentarsi al sole. Il gusto di essere, come dicevo, sempre sull’acqua. E la goduria nel sentire il suo sciabordio sullo scafo, di compagnia come le cicale sulla terra ferma.

Se da un lato offre uno spettacolo naturale unico, dall’altro la vita di bordo impone però conoscenze e norme ferree. Che a me e mio fratello sono state insegnate dall’Adriano a cui accennavo sopra. Grazie a lui ho imparato a fare tutti i nodi possibili e immaginabili. A leggere l’alfabeto nautico con le bandiere al posto delle lettere. A entrare in un posto barca senza speronare le altre. A scegliere il punto giusto per l’attracco in rada.

L’Adri, però, ci ha edotti anche sulle regole. A partire dall’attenzione ai consumi di acqua dolce (argomento di estrema attualità negli ultimi mesi), per arrivare a ordine, pulizia, mente pronta all’imprevisto. E stesura del diario di bordo.

Snocciolato in questo modo, l’elenco potrebbe sembrare il decalogo di un severo collegio. Ma chi ha la Passione marina sa bene che cabina impeccabile, salsedine sciacquata da tuga e coperta ogni sera e cime a portata di mano in caso di emergenza sono dettagli indispensabili nella vita del marinaretto perfetto. Tant’è che spesso li fa suoi anche quando scende a terra.

In effetti, ancora oggi io ho una camera da manuale, una casa che luccica, non mi faccio prendere dal panico davanti agli intoppi. E se da anni non scrivo più il diario di bordo, compilo comunque l’agenda con la puntualità di Capitano Nemo.

Ma non finisce qui: il mio amore per il mare (e il mondo della nautica in generale) si manifesta anche nel look. Non a caso, le magliette a righe bianche e blu o bianche e rosse dall’inconfondibile sapore navy sono il pezzo forte del mio guardaroba.

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