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La storia più votata dalle lettrici per il n. 7 di Confidenze parla di un amore nato su Tinder, al di là di ogni aspettativa

Mi tenevo alla larga dall’amore, certa che nella realtà non esistesse, figurarsi nel mondo virtuale. Invece, ironia della sorte, è stata la più famosa app di appuntamenti online a farmi scoprire il sentimento più vero

Storia vera di Federica T. raccolta da Fabiana Dantinelli

Non ho mai avuto fiducia negli approcci di tipo digitale. Intendo le app di incontri o gli “acchiappi” sui social. Il fatto è che sono completamente decontestualizzati. In poche parole gli intenti sono già dichiarati, non c’è la suspence dell’incontro fortuito e della conoscenza graduale e romantica, magari inaspettata. Si gioca a carte scoperte, da subito, sei su quelle app perché stai cercando l’amore, o qualche sua forma surrogata, non ultimo il fugace incontro sessuale.

Il mio problema riguarda il fatto che sono una millenial che ha avuto sempre difficoltà con l’ambiente digitale, cosa che mi ha portato non poche problemi anche nell’ambito del lavoro e delle passioni personali. Ho studiato per diventare illustratrice, ma di fatto non ci sono mai riuscita, non del tutto, forse anche perché non ho imparato a disegnare in digitale o forse solo perché non ero così brava come mi sarebbe piaciuto essere neppure sulla carta. Così sono rimasta “solo” la segretaria dello studio del nostro medico di famiglia, continuando a disegnare nel tempo libero.

All’inizio, terminati gli studi, credevo che sarebbe stato un impiego temporaneo e che un giorno la mia vita sarebbe cambiata e avrei iniziato a illustrare calendari, libri per bambini, tazze decorative, cartoline… Ma invece non era successo. Di fatto ero una segretaria e la cosa andava avanti ormai da parecchi anni. Troppi. Forse in un certo qual modo mi ero abituata a quella vita solitaria.Pensavo che l’amore, per alcuni, dovesse restare necessariamente estraneo. Ma non un estraneo qualunque. È più quel tipo di estraneo a cui potresti raccontare una vita intera, confessare i tuoi segreti più intimi, qualcuno con cui passare per assurdo le ore migliori della tua esistenza.

Sono stata quel tipo di estraneo per molte persone nel corso del tempo e l’amore lo è stato per me, anche se non è una cosa facile da spiegare. Io l’amore me lo sono sempre immaginato non come la tradizione lo ha sempre dipinto: l’angelo bambino con le frecce a cuoricino; nella mia fantasia è piuttosto come un sexy cinquantino brizzolato dagli occhi di ghiaccio, con un cappello elegante e un pastrano nero, mezzo spalmato sopra al bancone di un bar, con la sigaretta all’angolo della bocca e una faccia stanca, come di chi è appena rientrato da una serata di bagordi. Uno col vizio del fumo, del gioco, dell’alcol e, manco a dirlo, del sesso. Credo di averlo incontrato spesso così, come il personaggio di un film, in una specie di limbo parallelo fra la realtà e il sogno. Anche questo difficile da spiegare. Sento solo che ci siamo parlati sempre a lungo, discutendo degli altri, delle storie osservate, innescate, distrutte, consumando nel mentre una birra scura e pure una lunghissima, silenziosa, minuscola e adorabile guerra fredda di occhiatacce e parole mute.

“Ti prenderò un giorno” mi dice ogni volta questa mia personalissima visione di Eros, con uno sguardo sornione alla Bogard, poco convinto e già ubriaco. Io sorrido e gli faccio il saluto militare, poi ci congediamo, come due vecchi nemici che hanno scordato il motivo dello scontro, ma che ugualmente torneranno sul campo, solo perché non vogliono fare la figura dei rimbambiti ammettendolo.Io lo sognavo ogni tanto un amore vero, reale, uno che poteva essere un bell’ibrido magari proprio fra Humphrey Bogart e Clint Eastwood. Ma poi non lo incontravo mai e anche quando mi capitava di conoscere un uomo avevo sempre la sensazione che andassero tutti tremendamente di fretta.Secondo me ci siamo persi l’arte dell’attesa. Una volta dovevi aspettarla la canzone del cuore. Sì ok c’era il “riascolta” o potevi mandare avanti, se ti si inceppava la cassetta però era un bel guaio. Dovevi tirare fuori il nastro, piano… Pianissimo! Estrarre il groviglio, sperando di non spezzarlo e riavvolgerlo con tutta la pazienza del mondo con la punta di una biro. È un’apologia sentimentale in fondo. Ti dovevi ascoltare tutto, pure i brani che non ti piacevano, prima di arrivare a quello “giusto”. Il tempo era prezioso, soprattutto il tempo dell’amore e bisognava spenderlo bene.Mi mancano più di ogni cosa quei sentimenti lì, spalmati su tempi lunghissimi, teneramente confusi, ma in fondo così autentici. Adesso c’è Alexa che ti mette Spotify o Google che ti abbassa le serrande, ma per quelli come me, nati nell’analogico e poi cresciuti, loro malgrado, nel digitale, sarà sempre come avere due cuori. Tipo i ragni di mare, che hanno la circolazione cardiaca debole e allora il miocardio ha esternalizzato sull’intestino. Se gli viene un infarto, chissà se è colpa dell’uno o dell’altro.

«Fede!». D’improvviso una voce mi aveva risvegliata dal flusso di pensieri amoroso-faunistici in cui ero caduta, come spesso accadeva ormai. Ci avevo messo un po’ a mettere a fuoco i contorni di Cristina. Spesso dimenticavo gli occhiali e non era tutto nitido, alla fine però l’avevo riconosciuta, non la vedevo credo da almeno 15 anni.

«Ciao, come stai? Che sorpresa». L’avevo abbracciata un po’ maldestramente. «Che ci fai tu qui?».

Non ero troppo sicura di volerlo sapere, ma ormai gliel’avevo chiesto… Lei dal canto suo sempre bellissima ed elegante, mi aveva sorriso dolcemente. «Ci lavoro».

«In fiera?».

«Che fiera?».

Solo in quell’istante mi ero resa conto che la minuscolissima manifestazione di dilettanti del disegno a cui stavo partecipando era definibile “fiera” solo da noi pochi partecipanti di nicchia.

«Niente di importante, è solo una piccola cosa sull’illustrazione. Nel padiglione là in fondo… Quindi tu lavori qui qui, nel senso, in questo posto. Ci sono tanti uffici, però».

Mi stavo impappinando. Ma Cristina mi aveva subito tolto dall’imbarazzo.

«Lavoro per una holding di telecomunicazioni al terzo piano. In realtà sono nel consiglio di amministrazione da poco, ma mi fa sempre un po’ strano dirlo. Tu quindi sei diventata illustratrice? Mi ricordo sempre dei tuoi disegni così divertenti alle superiori!».

In quel preciso istante avrei preferito sprofondare al centro della terra, lì con il mio maglioncino usato color blu di Prussia, odiato da tutti i miei ex, le scarpe vecchie e impolverate, i miei ricci sempre disordinati, mentre Cristina mi sorrideva coi suoi capelli lisci perfetti e il completo con la giacca sciallata e la borsa sicuramente firmata. Avevo blaterato qualcosa senza senso, evitando di ammettere di non essere una disegnatrice professionista, ma solo la segretaria di uno studio medico a un evento di hobbistica.

«In realtà sei stata provvidenziale» aveva aggiunto Cristina, senza tradire un minimo di incertezza in nessuna parola o gesto e fortunatamente non avendo prestato alcuna attenzione alla storia della mia mancata ascesa nel mondo dell’arte.

«Io?».

«Sì, be’ vedi ero in pausa e ne avevo approfittato per dare appuntamento a un tipo conosciuto su Tinder…».

Non avevo potuto fare a meno di sgranare le orbite. Lei, Cristina la bellissima dalla giacca sciallata e borsa firmatissima che non trova un uomo e lo cerca su un social di dating? Ma poi in fondo l’avevo capita. Forse per motivi diversi dai mei, trovava le stesse difficoltà. È difficile incontrarsi davvero nella vita reale, io ne sapevo qualcosa.

«È quel tipo laggiù seduto al bar, fa il regista credo, ma mi sembra un po’ sfigato…».

Avevo buttato un occhio oltre la chioma perfetta di Cristina e l’avevo visto.

 

Sedeva nervoso al tavolo coi capelli spettinati e un cappotto largo. Stava spegnendo l’ultima sigaretta dentro un posacenere già pieno e adesso veniva verso di noi. Non ero riuscita ad articolare niente, prima che lui ci raggiungesse. Cristina stavolta era rimasta impreparata e con posticcia nonchalance aveva tentato di presentarci.

«Piacere, Alessandro».

Gli avevo stretto la mano continuando a non dire niente, poi Cristina aveva rotto di nuovo quell’impasse e si era allontanata con lui. Mi sembrava di stare dentro uno di quei film in cui c’è l’amica della protagonista che fa da spalla, personaggio comprimario a cui va tutto male, ma di cui non importa a nessuno. Ero tornata a casa ancora praticamente a mani vuote, avevo venduto solo un paio di cartoline a metà prezzo a un ragazzo che aveva apprezzato il mio umorismo sul doppio cuore dei ragni di mare. Prima di mettermi a dormire, pronta a ricominciare l’indomani l’ennesima piattissima giornata della mia vita, avevo deciso di rilassarmi un po’, disegnando senza pensieri. Dalla tivù accesa in salotto, sentivo la pubblicità di alcuni biscotti di una nota marca che tutti ormai andavano cercando per supermercati, senza successo. Così avevo disegnato una ragazza assonnata che faceva colazione con dei biscotti che ricordavano il logo di Tinder. Era una delle mie solite cartoline strambe che nessuno avrebbe comprato, ma mi era venuta particolarmente bene e così ero andata a dormire in qualche modo felice.

L’indomani in pausa pranzo ero andata a trovare come al solito la mia amica Flavia, che aveva una piccola libreria vicinissima allo studio medico dove lavoravo.

Flavia era la mia migliore amica dalle elementari, l’unica a cui piacessero sul serio i miei disegni. Le avevo portato come sempre le ultime cartoline disegnate, un piccolo rito che ripetevamo identico ormai da tanti anni. Lei aveva preso in mano quella con la ragazza che faceva colazione con i “Tinderini” ed era scoppiata a ridere. Dapprincipio ci ero rimasta un po’ male, sta a vedere che adesso perfino la mia unica sostenitrice metteva in ridicolo il mio lavoro!

Invece, dopo la risata, Flavia mi aveva guardata con aria incoraggiante, dicendo che era la cartolina più bella che avessi mai disegnato in tutti quegli anni. Forse anche per la caccia a quei biscotti che nessuno trovava e di cui non si faceva altro che parlare ovunque anche sui social, come mi aveva confermato Flavia, rendeva quel piccolo simpatico disegno proprio calzante ai tempi.

«Me la regali? Voglio metterla in libreria» aveva domandato Flavia piena di entusiasmo e non avevo saputo dirle di no. Così l’aveva appesa in cassa ben visibile. «Non si sa mai magari passa qualcuno e la compra». In realtà avevo regalato tante cartoline a Flavia e lei spesso le aveva messe in libreria, ma non le aveva mai comprate nessuno.

Quella però avrebbe avuto un destino diverso. Non molti giorni dopo, infatti, Flavia mi aveva chiamata raccontandomi che un tipo era stato in libreria a comprare alcuni volumi e che dopo aver visto la cartolina era rimasto colpito. Aveva detto a Flavia di avere la sensazione di aver già visto la ragazza ritratta, che in effetti ero io. Lei me lo aveva descritto per filo e per segno, ma io non avevo idea di chi potesse essere, così la cosa era finita lì.

Un paio di giorni dopo però avevo ricevuto una richiesta su Instagram. Non ero praticissima dei social, ma quello avevo più o meno imparato a usarlo e leggendo il messaggio mi ero accorta che veniva dal tipo scaricato da Cristina quel giorno in fiera: Alessandro. Per qualche assurdo caso del destino era proprio lui a essere entrato nella libreria di Flavia e avermi riconosciuta nella cartolina.

“Che memoria fotografica!” gli avevo risposto al messaggio e da lì avevamo preso a chattare. Mi aveva raccontato di come Cristina lo avesse praticamente scaricato e inizialmente avevo creduto che volesse chiedermi di dargli una mano nel recuperare. In realtà era contento che non fosse andato bene l’appuntamento.

Dopo averla conosciuta di persona, si era convinto che Cristina non facesse al caso suo.

Era stata l’occasione per iniziare a parlare e confessarci i reciproci disastri amorosi. “A volte vorrei avere il cuore in trasferta sull’intestino. Tipo i ragni di mare” avevo scritto durante una delle nostre chiacchierate virtuali.

“I che?” aveva risposto lui e io avevo precisato: “I ragni di mare. Il cuore dei ragni di mare non riesce a pompare ossigeno in tutto il corpo. Perché è un minuscolissimo organo molto debole. Allora quando non ce la fa chiede aiuto all’intestino che pompa il sangue nel resto del corpo. Mi piace pensare che sia una specie di aiuto per alleviare le pesantezze del cuore. Anche se forse non hanno molti pensieri i ragni di mare”.

 

A quel punto Alessandro mi aveva mandato un vocale pieno di risate in cui mi diceva che ero la ragazza più strana con cui gli fosse mai capitato di parlare, ma che ero simpatica.

Confesso che quando ho letto la parola “simpatica” ho subito pensato che volesse “friendzonarmi” come dicono adesso i giovani, o meglio incasellarmi da subito come l’amicona, la tipa divertente che però non avrebbe mai frequentato.

In realtà è stato tutto il contrario. La storia dei due cuori dei ragni di mare, la buffa cartolina e un po’ il destino ci hanno fatti innamorare.

Piano piano, fra una chiacchiera e l’altra in chat e un caffè in pausa pranzo, tutto è successo in modo spontaneo, senza fretta e senza forzare. Alessandro è tenero, attento, paziente. Amo la sua gentilezza, lui si dice incantato dalla mia fantasia.

Dopo qualche tempo vedendo le nostre foto insieme su Instagram mi ha perfino riscritto Cristina. Temevo volesse fare qualche battutaccia sul fatto che le avevo “rubato” il tipo, ma in realtà era felice. Adesso stava con un imprenditore danaroso, cosa che non aveva mancato di sottolineare più e più volte e non le importava affatto di quello che un tempo aveva definito “sfigato”.

O forse invece le importava e mi ha scritto apposta per sentirsi migliore.

Non so, però sono contenta che fra lei e Alessandro le cose siano andate male e spesso penso anche a quanto proprio quella cartolina che voleva celebrare gli amori un po’ fugaci e non sempre duraturi di una famosa app di appuntamenti, in realtà abbia portato nella mia vita un sentimento più che genuino, anzi di più.

Io sono ritornata a studiare disegno grazie alla borsa di studio di una scuola prestigiosa, rimettendomi in gioco completamente con dedizione e pazienza, mentre il “mio” Alessandro, è riuscito finalmente a collaborare in una produzione cinematografica importante.

Piccoli traguardi magari, ma il fatto di averli raggiunti mentre siamo insieme ci rende pieni di orgoglio e soddisfazione. Chi avrebbe mai detto che dal “tinder date” sbagliato di qualcun altro avrei trovato l’uomo perfetto per me?

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