Ansia e depressione si curano (anche) dall’intestino

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A fianco degli usuali farmaci usati in psichiatria, si delineano nuove opzioni di carattere nutrizionale per la salute mentale, che hanno come bersaglio l’intestino e il suo microbiota

Vi ho già parlato altre volte di microbiota, termine ormai molto usato, non solo tra gli addetti ai lavori. Si tratta di quella vastissima comunità di microrganismi (batteri, virus, funghi ecc.) che abita il nostro corpo, svolgendo funzioni fondamentali per la salute umana.

Arcinoto è il microbiota intestinale, ma sempre più studiati sono il microbiota orale, quello cutaneo, il microbiota vaginale e persino quello polmonare. Non c’è praticamente distretto corporeo che non possieda un suo, caratteristico, ecosistema microbico.

Proprio settimana scorsa ho tenuto una lezione alla Scuola di Alta Formazione sul Microbiota Umano per professionisti sanitari sul ruolo che il microbiota intestinale ha nella salute mentale. Chi non è del settore potrebbe stentare a crederlo, eppure disponiamo ormai di prove scientifiche consistenti, accumulatesi negli ultimi due decenni, e via via crescenti, che il microbiota svolge una parte essenziale nell’influenzare l’umore, il comportamento, le funzioni cognitive. Uno scenario assolutamente inimmaginabile fino a qualche tempo fa anche per medici e biologi e di enorme interesse terapeutico.

Studi clinici documentano che le perturbazioni a lungo termine dell’ecosistema intestinale umano (provocate da dieta non adatta, uso cronico di farmaci, particolari condizioni di salute, età ecc.) possono contribuire alla progressione di una serie di disturbi del sistema nervoso centrale, di natura psichiatrica e persino neurologica-neurodegenerativa: stress e manifestazioni collegate, ansia, depressione, insonnia, disturbo ossessivo-compulsivo, schizofrenia, autismo, malattia di Parkinson, malattia di Alzheimer. Esiste infatti una ricca comunicazione multimodale tra intestino e cervello (e viceversa), che ha luogo tramite meccanismi ormonali, nervosi, immunitari, infiammatori e verosimilmente di altro genere, ancora da scoprire compiutamente. Ciò che oggi sappiamo per certo è che tale comunicazione può essere alterata e che il microbiota intestinale è un attore, e tutt’altro che di secondo piano, nella patologia psichiatrica e neurologica.

Le ricerche attestano, coerentemente, che il riequilibrio del microbiota “perturbato” è in grado di contrastare i disturbi psichiatrici, potenziare le funzioni cognitive, ridurre i livelli di stress e ansia, migliorare l’umore e attenuare i sintomi della depressione. Avere un intestino sano appare sempre più come un requisito indispensabile per avere un cervello sano.

Già, ma come “manipolare” favorevolmente il microbiota intestinale? Lo si fa innanzitutto attraverso un’alimentazione mirata e la somministrazione di psicobiotici, ovvero specifici microrganismi vivi appartenenti alla più ampia classe dei probiotici, che, quando ben scelti e ingeriti in dosi e tempi adeguati, sono capaci di produrre effetti sul sistema nervoso centrale e benefici per la salute dei pazienti affetti da malattie psichiatriche e neurologiche.

L’intestino, e in particolare il suo microbiota, emerge dunque come nuovo bersaglio per il trattamento dei disturbi del sistema nervoso centrale. Si delinea, in altre parole, una strategia complementare dei disturbi neuropsichiatrici, non più soltanto in chiave farmacologica, ma anche di carattere nutrizionale, che prevede l’assunzione di psicobiotici come inedita opportunità terapeutica da integrare alle cure attualmente disponibili.

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