Cancro e alimentazione: 5 bufale a cui non credere

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Alcuni miti sono duri a morire. Quelli su cibo e tumori lo sono particolarmente, complice l’enorme cassa di risonanza dei social e qualche professionista sanitario poco aggiornato

L’idea che l’alimentazione possa influenzare il rischio di sviluppare il cancro è oggetto di attenzione scientifica ormai da decenni. Altrettanto importante è lo sforzo della ricerca per individuare la dieta più adatta al paziente oncologico, ovvero quando il tumore si sia ormai manifestato.

Con l’aumentare dell’interesse pubblico per la prevenzione del cancro attraverso stili di vita sani e, in parallelo, l’esplosione dei social media, ha iniziato a circolare una serie di miti spesso basati su informazioni incomplete o mal interpretate. Alcuni di questi sono ormai così radicati che non è raro sentirli anche dalla bocca di qualche figura sanitaria, medico, nutrizionista o altro che sia.

Separiamo allora la verità dai “si dice”: quelle che seguono sono cinque tra le più diffuse “bufale” su cancro e alimentazione, passate al vaglio delle più recenti e complete evidenze medico-scientifiche.

1. La carne fa venire il cancro Gettonatissima, questa fake news deriva da una cattiva interpretazione di una raccomandazione dell’OMS di qualche anno fa. Che in realtà non ha mai invitato a eliminare la carne, ma semmai a limitare il consumo della sola carne rossa a un paio di volte alla settimana e a riservare salumi e insaccati al consumo occasionale. La carne può far parte di una dieta sana ed equilibrata ed essere serenamente presente anche in quella di chi ha, o ha avuto, un tumore. La carne, rossa e bianca, è estremamente nutriente e un’eccellente fonte di proteine, vitamina B12, ferro e zinco altamente assimilabili, sostanze indispensabili, a maggior ragione per il paziente oncologico.

2. La soia va evitata nel tumore al seno Altro mito duro a morire, nato dalla constatazione che alcune molecole presenti nella soia, i fitoestrogeni, hanno una struttura chimica simile a quella degli estrogeni, gli ormoni sessuali femminili, la cui azione può stimolare la crescita di alcuni tumori (una gran parte dei tumori al seno, innanzitutto). Si riteneva, dunque, che i fitoestrogeni potessero avere gli stessi effetti degli estrogeni e alle donne affette da cancro al seno non di rado veniva consigliato di evitare tofu, edamame e tutti gli altri prodotti ricavati dalla soia. In realtà, le evidenze scientifiche ci dicono che il consumo di soia è pienamente sicuro e addirittura si associa a una riduzione del rischio di cancro in generale e perfino di quello al seno.

3. Per prevenire e combattere i tumori ci vuole una dieta vegetariana o vegana Non ci sono prove che le diete veg o plant based – per usare un termine tanto di moda quanto poco preciso – forniscano vantaggi oncologici rispetto a una normale alimentazione onnivora ben condotta. Anzi: seguire una dieta che elimini gli alimenti di origine animale, in parte (vegetariana) o totalmente (dieta vegana), innalza il rischio di non riuscire a soddisfare le proprie esigenze nutrizionali, aspetto di speciale delicatezza, ancor più per i pazienti oncologici, considerato che una delle criticità più frequenti e pericolose in cui i malati di tumore si imbattono è la malnutrizione. Le diete veg possono essere particolarmente inadeguate per l’apporto di specifici nutrienti, come in primo luogo vitamina B12, vitamina D, calcio, ferro, zinco, iodio e proteine.

4. Bisogna digiunare per affamare il cancro Purtroppo il digiuno affama prima di tutto chi ne soffre, con tutto ciò che ne consegue. Le diete che implicano forti restrizioni caloriche (diete mima-digiuno, digiuno intermittente ecc.) hanno ricevuto una fin eccessiva attenzione mediatica negli ultimi anni. Il rischio maggiore è che i pazienti oncologici adottino tali modelli alimentari in autonomia, suggestionati da quanto sentono sui media. Deve allora essere detto chiaramente che, a oggi, nessuna linea guida prevede il digiuno come strumento di sostegno delle cure oncologiche, nonostante alcuni studi sperimentali siano in corso, peraltro su pazienti estremamente selezionati e in ambiente controllato. Al contrario, le odierne direttive sulla nutrizione clinica del paziente oncologico invitano espressamente a non considerare forme di digiuno, né prima, né durante, né dopo i trattamenti oncologici, anche a causa del già menzionato rischio di malnutrizione, che costituisce uno dei più temibili “nemici” del paziente oncologico.

5. Latte e derivati causano il cancro Non esistono prove concrete che colleghino i latticini a un aumento del rischio di cancro. Disponiamo, invece, di riscontri che suggeriscono un’azione protettiva dei latticini nei confronti di alcuni tipi di tumore, tra cui quelli del colon-retto e del seno, grazie soprattutto all’apporto di molecole utili quali calcio, vitamina D, acido linoleico coniugato, butirrato, lattoferrina. Il timore, poi, di ormoni somministrati alle vacche per aumentare la produzione di latte è destituito di fondamento: l’impiego di ormoni in allevamento è severamente vietato (e punito) in tutta Europa e il divieto vale anche per i prodotti importati. Ovviamente, alcuni latticini sono migliori di altri sotto il profilo nutrizionale e salutistico: lo yogurt (bianco e parzialmente scremato) può essere consumato tutti i giorni, i formaggi grassi sono da destinare al consumo occasionale.

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