Le emozioni ferite di Eugenio Borgna

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Uno psichiatra ci ricorda l'importanza del primo contatto umano tra le persone, lo sguardo. La società, il singolo, non si ammalano solo di eclatanti patologie, ma anche di disattenzioni che portano a perdersi

“Noi siamo in contatto con gli altri mediante le parole e i gesti (gesti di saluto e gesti di noncuranza) e anche, immediatamente, attraverso gli occhi e gli sguardi. Nella vita di ogni giorno, e in modo emblematico in psichiatria, prima ancora che ci si parli, ci si guarda negli occhi; e sono gli occhi che consentono di farci intravedere qualcosa, qualcosa di essenziale talora, nella persona che è dinanzi a noi, nelle sue emozioni e nei suoi stati d’animo, come è avvenuto nell’incontro tra Beatrice e Dante (ndr: canto XXXIII del Purgatorio, versi 16-21, La Divina Commedia). Sono le parole che consentono, poi, un’altra, ovviamente molto più articolata e complessa, comprensione di quello che si svolge e si è svolto, nella storia dell’anima e nella storia della vita di una persona. Ma le parole hanno bisogno degli occhi, degli sguardi, delle loro infinite espressioni, se intendono essere sincere e se intendono essere prese sul serio da chi ascolta; e anche gli occhi hanno un loro linguaggio”.

Eugenio Borgna è uno psichiatra delicato, estremamente dotto. Come tutti i medici che dalla sofferenza che tentano ogni giorno di curare sono stati toccati in prima persona, possiede l’umiltà di chi è conscio dei propri limiti conoscitivi e di intervento.

Ogni sua pubblicazione – scritta non solo per gli addetti del settore ma soprattutto per chi del male di vivere, delle cicatrici dell’anima, non ha timore – ci consegna il ritratto di uno specialista in bilico tra spiegazioni interne alla disciplina medica di riferimento e la ricerca di risposte anche all’interno del mondo più pubblicamente addolorato e in “analisi”: la letteratura e la poesia. Da ogni testo di Borgna si esce un po’ meno confusi e tanto di più incantati, in positivo: i grandi classici ci consegnano testimonianze forti di ricerche di equilibrio. Sono richieste di ascolto, “leggimi, ho bisogno che tu mi stia ad ascoltare a lungo, che tu mi abbracci, che tu non mi dimentichi”.

In questo testo che vi consiglio oggi si parla di linguaggi, di emozioni che curano ma anche di quelle che gridano nel dolore. Si parla anche di forme comunicative infrante.

Ho scelto non a caso l’abstract riportato in apertura. La società, il singolo, non ammalano solo di eclatanti patologie. Ammalano di disattenzioni che portano a perdersi. L’importanza dello sguardo ritorna in tutte le pagine del testo: sguardo, congiunzione di iridi e pupille, che abbiamo cominciato da tempo a mettere via.

Ci stiamo disabituando al tocco delle mani e al tocco caldo del silenzio della presenza. Digitiamo migliaia di parole al giorno e non sfioriamo corpi, non ci inebria il profumo, non ci commuove un sorriso timido, accennato. Non li vediamo, non siamo sintonizzati sulla macchina umana (o corpo che dir si voglia) ma solo su quella che con le forme umane ci mette in relazione distante e distratta.

Non demonizziamo il progresso. Ma non dimentichiamo che l’amicizia, una stretta di mano, un bacio, sospirarsi e respirarsi, lasciare che gli occhi si abbraccino, sono prevenzione non alla malattia (questa non è mai una colpa né una punizione ma qualcosa che può accadere) ma al fallimento di ogni cura.

 

 

Eugenio Borgna, Le emozioni ferite, Feltrinelli

 

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